5/13/2020

Arazzo

La tecnica tradizionale della fabbricazione dell’a poco è variata nel corso dei secoli. L’a è costituito dall’intreccio manuale dei fili dell’ordito con quelli della trama: questi ultimi, di vari colori, coprono totalmente quelli di ordito, che servono da armatura. Due sono le tecniche di lavorazione: nell’alto liccio l’ordito è teso su di un telaio verticale e i fili vengono suddivisi in due serie (anteriore e posteriore) da barre di legno o di metallo; i licci (ovvero «cordicelle») vengono assicurati alla barra posteriore, il licciaio lavora sul retro e fa passare i fili di trama prima attorno a un filo di ordito della serie anteriore, e poi a un filo di ordito della serie posteriore. Nel basso liccio l’ordito è teso su di un telaio orizzontale e i licci vengono mossi da pedali (in questo caso il cartone viene collocato sotto l’ordito). Il licciaio, che ricopre un ordito grezzo con fili di trama (lana, seta, talvolta oro o argento), crea il disegno dell’a e nello stesso tempo ne costituisce il tessuto. L’a non è pertanto né canovaccio né ricamo. Non è neppure un’opera unica, poiché da un unico cartone possono tessersi diversi esemplari; tuttavia è, ogni volta, un’opera originale.


Il «cartone»

Il cartone è il modello, al naturale, necessario all’esecuzione dell’opera di tessitura. È il punto di partenza di qualsiasi arazzo tradizionale. Si possono distinguere i seguenti tipi:

Cartone ispirato a un modello.

Tale modello – pittura, disegno, miniatura, incisione e cosí via – può non essere stato concepito per essere tradotto in a ma viene successivamente utilizzato a questo scopo. Cosí, Jean de Bondol, detto Hennequin de Bruges, pittore dei cartoni dell’a dell’Apocalisse, si è ispirato a manoscritti miniati. I disegni di Antoine Caron per illustrare il manoscritto di Nicolas Houel della Storia di Artemisia sono all’origine dei cartoni eseguiti da Heny Lerambert e Laurent Guyot. Jean-Baptiste Monnoyer ha creato l’a delle Grottesche, tessuto a Beauvais, da una composizione incisa di Jean Bérain. Talvolta è stato utilizzato come modello un’opera monumentale: per esempio la decorazione della galleria di Fontainebleau, da cui Claude Baudouin trasse i modelli serviti per gli arazzi della galleria di Francesco I. Il cartone di Rinaldo e Armida venne eseguito in base ai dipinti di Simon Vouet per l’hôtel de Bullion, quello per le Muse in base al soffitto del salone delle Muse, dipinto da Le Brun a Vaux-le-Vicomte.

Cartone originale.

Viene concepito e realizzato interamente dallo stesso autore. Citiamo i cartoni di Raffaello per gli Atti degli Apostoli (Londra, vam), di Charles Natoire per la Storia di Don Chisciotte (Compiègne), di Jean-Baptiste Oudry per le Cacce reali (Parigi, Louvre; Fontainebleau), di Goya (Madrid, Prado) per gli a realizzati dalla Real Fábrica de Tapices, di Dufy per il mobilio Paris (Parigi, Mobilier national), di Matisse per Polinesia (Parigi, mnam), ecc. I cartoni dipinti tra il 1515 e il 1516 da Raffaello hanno contribuito ad «orientare l’arte dell’a ad un adeguamento piú completo alle norme e ai procedimenti della pittura». Nel XV sec., il cartone per a era a chiaroscuro, e toccava al licciaio il compito di definirne i colori. Si serviva di colori puri di origine vegetale o animale.

Cartoni eseguiti su bozzetto.

L’autore fornisce soltanto un modello a scala ridotta (bozzetto o disegno) e un diverso pittore viene incaricato di eseguire il cartone destinato ai licciai. Charles Le Brun eseguiva disegni per gli a i cui cartoni venivano elaborati dai pittori dei Gobelins, specializzati in vari generi. Gli schizzi di François Boucher (Besançon, mba) consentirono a Du Mons di dipingere i cartoni dell’a Cinese, eseguito a Beauvais.

I grandi centri di produzione

La tecnica dell’a era conosciuta e praticata sin dall’antichità (Mesopotamia, Grecia). Anello tra l’antichità e il medioevo sono gli a copti (abiti, frammenti di tessuti di arredo o di tende provenienti da tombe egizie tra il iii e il xii sec. d. C.), che costituiscono il piú antico complesso oggi noto.

Principali officine nei secoli XIV e XVI (Parigi, Arras, Bruxelles).

L’inizio dell’arte dei licciai in Europa risale all’alto medioevo; tuttavia, gli esempi conservati piú antichi sono l’a di San Gereone, tessuto verosimilmente a Colonia alla fine dell’XI sec. (Londra, vam; Lione, Musée des tissus), e i tre a della cattedrale di Halberstadt, opere realizzate intorno al 1200, con la tecnica del punto annodato, presso un’officina monastica, il convento di Quedlinburg in Germania. La grande epoca dell’a comincia però nella seconda metà del XIV sec., quando esso assume importanza considerevole come ornamento di castelli e chiese. Parigi ed Arras furono allora i primi e principali centri di tessitura, seguiti da Tournai e da Bruxelles. In assenza di documenti d’archivio, determinare con certezza il luogo di esecuzione degli a è problema assai delicato, tanto è grande la difficoltà di fissare criteri di distinzione tra la produzione dei vari centri di tessitura. Quanto all’origine dei cartoni, di solito s’ignora il nome dei pittori cui venivano richiesti.

Agli a, menzionati nei documenti, a disegni geometrici, con motivi araldici o decorazione a fogliame e piccoli animali, succedono a Parigi, nel 1360 ca., quelli con figure di soggetto storico. Ordinata dal duca d’Angiò, fratello di Carlo V, all’arazziere parigino Nicolas Bataille, l’Apocalisse (Angers, Musée des tapisseries) è il piú celebre a del secolo. La sua esecuzione in base ai «modelli» di Hennequin de Bruges (Jean de Bondol), pittore del re, fissati basandosi su manoscritti miniati, ebbe luogo tra il 1377 e il 1380. La tessitura dei Nove eroi (1385 ca.: New York, Cloisters) è attribuita verosimilmente alle officine di Parigi.

Unico a di cui sia certa l’esecuzione ad Arras, nel 1402, è la Storia di san Piat e di sant’Eleuterio (Tournai, Cattedrale); ma è noto che le officine di tessitura procurarono rinomanza internazionale a questa città, che nel XIV sec. era rivale di Parigi (nel XV e XVI sec., l’espressione «drappo di Arras» era sinonimo del francese tapisserie in numerosi paesi. Da qui le denominazioni tuttora usate di arazzo in Italia, arras in Polonia, ecc.). Per la prima metà del XV sec. Arras fu il centro principale, avendo Parigi perduto la sua posizione di predominio in seguito all’occupazione inglese. Provengono da questo centro (ultimi anni del XIV sec., forse del 1384) l’a Gesta di Jourdain de Blaye (Padova, mc) e l’Annunciazione (New York, mma), forse tessuta ad Arras all’inizio del XV sec., per il quale è stato fatto il nome del pittore fiammingo Melchior Broederlam (noto dal 1381 al 1409), che nel 1390 aveva fornito petits patrons di a per la moglie di Filippo l’Ardimentoso; sull’attribuzione permangono molti dubbi.

Alla fine del Quattrocento, le opere più notevoli escono dalle officine di Bruxelles; ad esse si attribuisce il Torneo conservato a Valenciennes, la cui composizione a piú piani è incorniciata da una ricca bordatura che rammenta i tessuti italiani. Proviene (forse) da Bruxelles l’a della Caccia al liocorno (New York, Cloisters), per il cui modello si è pensato (N.Reynaud) come autore a un discepolo di Vulcop, un artista ancora anonimo detto il Maestro di Anna di Bretagna o anche il Maestro della Caccia al liocorno (G. Souchal). Due pezzi della Caccia appartengono alla tipologia degli a millefiori (figure che si distaccano su sfondi interamente coperti di fiori), che ebbero grande successo nel XV sec. Tra i piú belli vanno citati il celebre a della Dama dal liocorno (Parigi, Museo di Cluny), recentemente attribuito al discepolo di Vulcop (N. Reynaud), Narciso (Boston, mfa), Semiramide (Honolulu). Resta tuttora incerto il luogo di esecuzione degli a millefiori. A lungo si è ritenuto trattarsi di officine sulle rive della Loira, officine itineranti che si stabilivano in prossimità dei luoghi di soggiorno della corte, ma l’ipotesi oggi è abbandonata. Si sa che il millefiori con l’arme del duca di Borgogna, Filippo il Buono (Berna, hm), è uscito da un’officina di Bruxelles (1466), e che sono attribuibili a Tournai i millefiori con l’arme di Jean de Daillon (Montacute House, Yeovil nel Somerset) o di John Dynham (New York, Cloisters). Questi a millefiori non costituiscono un gruppo omogeneo e sono stati prodotti in diversi centri. Taluni pezzi, i piú notevoli, rivelano l’esistenza di un cartone dovuto a un pittore, mentre altri, piú rari e di qualità comune, erano il risultato del lavoro di licciai che disponevano sullo sfondo di fiori, senza troppo curarsi della composizione, personaggi di disegno piuttosto mediocre senza relazione tra loro.

Sempre piú radicata si fece la consuetudine di realizzare a da modelli forniti dai pittori. I licciai di Bruxelles raggiunsero un eccezionale virtuosismo in questo processo di «traduzione», basti ricordare l’Adorazione dei magi, le Tre Incoronazioni (Sens, Tesoro della cattedrale), l’Annunciazione e adorazione dei magi (Parigi, Museo dei Gobelins), la Vergine con cestino (Madrid, ma). L’a adottava le stesse regole della pittura, poiché tali opere erano già quadri tessuti, nei quali si riscontra l’influsso dei grandi pittori fiamminghi quali Rogier van der Weyden, Memling, Quentin Metsys. È stato persino fatto il nome di quest’ultimo artista a proposito dell’a della Vita di Cristo e della Vergine (Aix-en-Provence, Cattedrale), eseguito a Bruxelles nel 1511 per la cattedrale di Canterbury. Le officine di Bruxelles superarono da allora, sia per la qualità sia per la quantità della produzione, tutti gli altri centri di tessitura: Tournai, Bruges, Audenarde, Anversa, ecc. Segnaliamo, tra gli a piú importanti e piú celebri, la Leggenda di Herkenbald (Berna, hm), dai petits patrons di Jan van Roome (1513), la Storia di Davide e Betsabea (1510-15 ca.: castello di Ecouen), attribuita pure a Roome, Nostra Signora della Sabbia (Leningrado, Ermitage; Bruxelles,mrba; Saint-Jean-Cap-Ferrat, Museo dell’Île-de-France), tessuto tra il 1516 e il 1518 su modelli attribuiti a Barend van Orley. Accanto alle tradizionali bordature di fiori degli a di Bruxelles compaiono nuove incorniciature, con motivi tratti dal repertorio figurativo rinascimentale: cornucopie, acanti, vasi (a con l’arme di Luisa di Savoia e François d’Angoulême, 1512 ca.: Boston, mfa), arabeschi, profili di guerrieri (Nostra Signora della Sabbia). L’influsso italiano, limitato agl’inizi a dettagli ornamentali, si conferma col celebre complesso di a degli Atti degli Apostoli, destinato alla Cappella Sistina, che papa Leone X fece eseguire a Bruxelles (1516-19) dal licciaio Pieter van Aest su cartoni di Raffaello (Londra, vam). La manifattura di Mortlake, fondata da Giacomo I Stuart con licciai fiamminghi, li eseguí a piú riprese. Il Mobilier national di Parigi conserva la prima serie, acquistata da Mazzarino alla vendita delle raccolte di Carlo I. Fondamentale per la storia dell’a (particolarmente per l’introduzione in quest’arte della prospettiva all’italiana, degli arabeschi e delle grottesche), questo complesso ebbe un successo e una notorietà di portata europea.

I licciai fiamminghi in Italia

La Riforma provoca la fuga di numerosi licciai e la loro dispersione in vari paesi. Accolti dalle corti straniere, vi costituirono centri di produzione di a. Cosí, arazzieri fiamminghi operarono a Ferrara per il duca d’Este; tra le opere più significative prodotte da questa officina vanno ricordati gli a tratti da Battista Dossi (Pergolati di verzura con terme, 1544 ca.: Parigi, mad; le Metamorfosi di Ovidio, 1545: Parigi, Louvre). A Firenze i licciai fiamminghi (particolarmente Giovanni Rost e Nicolas Karcher) eseguirono a su cartoni del Bronzino e di Pontormo (Storia di Giuseppe, 1546-53: Firenze, Palazzo Vecchio; Roma, Palazzo del Quirinale), di Bacchiacca (Grottesche, 1549; i Mesi, 1522-23: Firenze, Soprintendenza alle Gallerie), di Salviati (Lot che fugge da Sodoma: Parigi, Mobilier national; il Banchetto: castello di Oiron).

Bruxelles nel XVII secolo

L’emigrazione dei licciai comportò un certo declino delle officine di Bruxelles. Tuttavia esse conobbero nuovo splendore nel xviii sec. grazie a Rubens, con i cartoni per la Storia di Decio Mure (particolarmente a Bruxelles, mrba; pitture nella coll. Liechtenstein a Vaduz), l’Apoteosi dell’Eucaristia (1625-26, primo complesso di a spedito nel 1628 al convento delle Descalzas Reales a Madrid, ov’è tuttora; i due cartoni a Valenciennes (deposito del Louvre); schizzi in particolare a Madrid, Prado), la Storia di Achille (1630-32 ca.: palazzo ducale di Viçosa in Portogallo, e Kassel, sks; schizzi in particolare a Rotterdam bvb; modelli a Pau). Anche Jordaens forní molti cartoni stupendi, nei quali rivaleggia con Rubens in barocca grandiosità: Storia di Alessandro Magno (Milano, Palazzo Marino), Scene della vita nei campi (Hardwicke Hall, Derbyshire; e Vienna, km), l’Educazione equestre (Vienna, km), Proverbi fiamminghi (Tarragona, Museo diocesano; cartoni a Parigi, Louvre), e Storia di Carlomagno (Roma, Palazzo del Quirinale; cartoni a Parigi, Louvre).

Fontainebleau e Parigi nel XVI secolo

Appassionato di a Francesco I acquistò a Bruxelles alcune serie molto importanti (Atti degli Apostoli, Storia di Scipione, Mois Lucas). Nel 1540 il re insediò a Fontainebleau licciai parigini che realizzarono la tessitura della serie della Galleria di Francesco I (Vienna, km). Le decorazioni del Primaticcio ispirarono a Jean Cousin le bordature della Storia di san Mammès (Langres, Cattedrale; Parigi, Louvre), per la quale forní cartoni nel 1544 a due licciai parigini, Pierre Blasse II e Jacques Langlois. Qualche anno dopo, nel 1551, Enrico II fondava a Parigi, in rue Saint-Denis, un’officina, posta nell’Ospedale della Trinità. Ad essa è stata attribuita la serie della Storia di Diana (castello di Anet; Rouen, Museo dipartimentale delle antichità; New York, mma), eseguita per il castello di Anet tra il 1550 e il 1560. Allo stato attuale degli studi si possono assegnare con certezza a quest’officina soltanto due frammenti della Vita di Cristo, da Lerambert (disegni a Parigi,bn), ordinata nel 1584, e una testa di Cristo (Parigi, Museo dei Gobelins). Pezzi con decorazione ad arabeschi, come Cibele e Flora (Parigi, Mobilier national), tessuti probabilmente alla Trinità, dimostrano l’influsso esercitato dal Livre des grotesques (1566) di Jacques Androuet du Cerceau, che offrí all’arte dell’a una nuova fonte d’ispirazione «volgarizzando» le decorazioni di Fontainebleau.

Le officine parigine nel XVII secolo

Enrico IV promosse la costituzione, a Parigi, di manifatture di a. Nel 1597 venne fondata un’officina nella casa professa dei gesuiti in rue Saint-Antoine. Diretta da Girard Laurent, cui si affiancò Maurice Dubout (proveniente dalla Trinità), presto trasferita nella galleria del Louvre (installazione ufficiale nel 1608). Tra le prime realizzazioni di quest’officina va ricordato la Storia di Diana (Parigi, Mobilier national), in parte su disegni (uno dei quali al Louvre) di Toussaint Dubreuil,che s’ispirò ai celebri a di Anet. Questa serie verrà inoltre realizzata dalle officine del faubourg Saint-Marcel, ove si erano sistemati i fiamminghi chiamati dal re, Marc e Jérôme de Comans nonché François de La Planche; qui essi fondarono la prima officina dei Gobelins. Nel 1633, il figlio di François de La Planche si installò nel faubourg Saint-Germain, in rue de la Chaise. La produzione delle officine parigine fu importante e di alta qualità. Nominato da Enrico IV «pittore per gli a del Re», Henri Lerambert è autore dei cartoni (pitture a olio, o disegni a dimensione dell’esecuzione) delle due celebri serie della Storia di Artemisia, ripresa da Antoine Caron, e della Storia di Coriolano, tessute nel 1600 ca. dalle officine del Louvre, poi da quelle del faubourg Saint-Marcel. A Lerambert successero Guillaume Dumée e Laurent Guyot. Spetta pure alle diverse officine parigine, che spesso sfruttavano i medesimi cartoni, la tessitura della serie di Psiche (Parigi, Mobilier national), eseguita in base a quella di Michiel Coxcie, realizzata a Bruxelles per Francesco I.

Nel desiderio di rinnovare i modelli, troppo spesso ripetuti, Luigi XIII ordinò a Rubens, nel 1622, la Storia di Costantino (Parigi, Mobilier national). Il primo esemplare della serie (Filadelfia, am), che ebbe considerevole successo, venne donato dal re al nunzio pontificio cardinal Barberini nel 1625. Quest’ultimo incaricò un licciaio francese, Jacques de La Rivière, di dirigere le officine romane, che operavano sui modelli di Pietro da Cortona, Poussin (Storia di Scipione), Romanelli (Misteri della vita e della morte di Cristo). Il 1627 è una data importante per il ritorno dall’Italia di Simon Vouet, ritorno voluto dal re, che in particolare desiderava affidare al suo pittore la «responsabilità dei cartoni per a». Come farà piú tardi Le Brun presso i Gobelins, Vouet organizzò una vera e propria officina col compito di realizzare gli a su disegni suoi o da quadri suoi: serie dell’Antico Testamento (Parigi, Mobilier national e Louvre), serie di Rinaldo e Armida. Anche Philippe de Champaigne, Sébastien Bourdon, Eustache Le Sueur fornirono modelli per a e in particolare per la serie di San Gervasio e San Protasio (coll. della città di Parigi).

Le manifatture reali (i Gobelins, Beauvais, la Savonnerie).

Nel 1662 Colbert decise di raggruppare presso i Gobelins le officine ad alti e bassi licci sparse nella città di Parigi, cui aggiunse quella creata a Maincy da Nicolas Fouquet. Mirava a sviluppare una produzione artistica in grado di porsi in concorrenza con quella degli stati vicini. Le Fiandre, che fino al XVII sec. avevano occupato una posizione di preminenza, la perdettero a vantaggio delle manifatture reali volute dal Luigi XIV e da Colbert.

La manifattura spagnola di Santa Barbara

È opportuno segnalare l’esistenza, nel XVIII sec., della manifattura spagnola di Santa Barbara, la cui creazione è pur essa dovuta a un Borbone, Filippo V. Tra le sue prime realizzazioni vanno citate in particolare le serie ordinate dal re a Michel-Ange Houasse (Telemaco), e ad Andrea Procaccini (Storia di Don Chisciotte). Dopo la scomparsa di questi due artisti, la manifattura conobbe un periodo di declino. Verso la metà del XVIII sec. le officine ripresero vita, grazie alla direzione di Corrado Giaquinto prima e di Raphael Mengs poi (1762). La celebrità di Santa Barbara fu assicurata nell’ultimo quarto del secolo da Goya, che era entrato nella manifattura in qualità di pittore di cartoni. Dal 1774 al 1791, dipinse 45 tele (Madrid, Prado), destinate a servir da modelli per a nell’arredo dei palazzi reali. Queste tele rappresentano scene di vita madrilena (la Merenda, l’Ombrello, Moscacieca, il Mercante di terraglie).

Il XIX secolo

Nel XIX sec. non esistono grandi officine se non in Francia, ove le manifatture dei Gobelins, di Beauvais e della Savonnerie proseguono, malgrado concrete difficoltà, la propria attività. Meritano segnalazione alcuni tentativi, in particolare la manifattura creata in Inghilterra da William Morris nel 1861 (attiva fino al 1940). Raccogliendo intorno a sé pittori preraffaelliti, particolarmente Edward Burne-Jones, Morris intendeva liberare l’a dalla sua soggezione alla pittura (ritorno a un numero limitato di colori, eliminazione della prospettiva, ecc.). In Norvegia, a partire dal 1890, vengono realizzati a da cartoni di artisti come Frida Hansen e Gerhard Munthe, che tornarono all’impiego di coloranti vegetali.

Il XX secolo

La rinascita dell’a è opera di Jean Lurçat. Fondamentale fu il suo incontro con i licciai di Aubusson. Le officine private, che un tempo avevano ottenuto da Colbert il titolo di manifatture reali di Aubusson, si trovavano da lungo tempo un poco a corto di cartoni originali di qualità. Grazie all’iniziativa di Marie Cuttoli, le officine di Aubusson avevano eseguito un cartone di Georges Rouault, i Fiori del male (1928), presto seguito (1932) dalla tessitura di quadri di celebri pittori: Léger, Braque, Matisse, Picasso, Dufy, Miró, Marcoussis, Derain. Fu proprio Marie Cuttoli a rivolgersi a Jean Lurçat, che nel 1923 diede il suo primo cartone per Aubusson, il Temporale. L’esperienza suscitò un rinnovato interesse per l’a. Le manifatture nazionali (Beauvais, Gobelins) si rivolsero a Lurçat nel 1936. Fautore della «liberazione dalla pittura dell’a moderno, per riportarlo alla grande arte del medioevo», Lurçat sosteneva che l’a è «un’arte d’ordine monumentale», opinione condivisa da Le Corbusier, che parlerà di «muro di lana». Tra la sua notevole produzione, vanno ricordati l’Apocalisse per la cappella di Assy, e il Canto del mondo (Angers, Museo degli arazzi).

Nella scia di Lurçat, una generazione di pittori cartonisti doveva contribuire allo sviluppo dell’a: Gromaire, Picart le Doux, Saint-Saëns, Dom Robert, ecc.

Nel 1946 Matisse forniva alla manifattura di Beauvais i cartoni della serie Polinesia (Parigi, Mobilier national). Da quel momento artisti (pittori, scultori o architetti) come Picasso, Braque, Chagall, Arp, Miró, Gilioli, Adam, Le Corbusier, o ai nostri giorni Penalba, Aillaud, Gäfgen, hanno individuato nell’a un nuovo mezzo espressivo. Si deve a Lurçat, negli anni ’60, la inaugurazione, a Losanna, di una Biennale internazionale dell’a (prima esposizione nel 1962). Questa Biennale ha consentito di fare il punto sulle ricerche effettuate in tutto il mondo. Di particolare interesse tecnico e figurativo, i manufatti polacchi (Magdalena Abakanowicz), jugoslavi (Jagoda Buic), statunitensi (Sheila Hicks) e giapponesi.