Nacque subito
prima delle giornate rivoluzionarie del giugno 1848.
Il padre, oscuro giornalista liberale, si recò in esilio dopo
il colpo di stato del 1851 e morí a Panama, mentre la sua
famiglia raggiunse Lima in Perú. La madre, figlia di una
convinta saintsimoniana, Flora Tristán, era di nobile origine
peruviana. Improntato sin dall’infanzia dal carattere
messianico e fantastico dell’ambiente familiare, G serbò
ricordi del suo soggiorno presso lo zio di Lima Don Pío
de Tristán y Mostoso. Tornato a Orléans nel 1855, nel
periodo della scuola coltivò sogni d’evasione, per poi arruolarsi
dal 1865 al 1871 come pilota nella marina mercantile,
navigando dall’America del Sud alla Scandinavia.
Spinto dal tutore G. Arosa, iniziò nel 1871 una brillante
carriera presso l’agente di cambio Bertin. Nel 1873 sposò
una danese, Mette Gad.
L’esempio di Arosa, collezionista attento di pittura, e
l’amicizia di Pissarro incoraggiarono G ad acquistare, soprattutto
tra il 1879 e il 1882, quadri impressionisti
(Jongkind, Manet (Veduta olandese, pastello: Filadelfia,
am), Pissarro, Guillaumin, Cézanne, Renoir, Degas, Mary
Cassatt), e poi a dipingere e scolpire da dilettante: modellato
e intaglio diretto presso lo sbozzatore Bouillot, quadri
vicini al gusto di Bonvin e di Lépine (la Senna dal
ponte di Jena, 1875: Parigi, mo); nel 1876 presenta una
tela al salon ufficiale. Presto influenzato da Pissarro, espone
con gli impressionisti dal 1879 al 1886, raccogliendo
nel 1881 l’approvazione entusiastica di Huysman per un
solido e realistico Nudo (Copenhagen, ncg).
Tali successi
incoraggianti, e una crisi finanziaria, lo indussero nel
1883 ad abbandonare gli affari per dedicarsi interamente
alla pittura. Per due anni, da Rouen a Copenhagen, cercò
un illusorio equilibro che si risolse, col ritorno a Parigi nel
giugno 1885, nel naufragio della sua vita familiare e nella
miseria. Nel 1886 presenta all’ottava mostra impressionista
19 tele in cui la sua originalità inizia ad affermarsi
nelle inquietanti armonie dei paesaggi.
Tornato a Parigi dopo un soggiorno estivo a Pont-Aven,
dove aveva incontrato E. Bernard e Ch. Laval, G realizza
presso Chaplet ceramiche dalle semplificazioni interessanti,
e incontra Van Gogh. Il viaggio del 1887 in Martinica,
insieme a Laval, gli rivela il valore simbolico dei colori,
rafforzando gli influssi concomitanti di Cézanne e di
Degas.
Al suo ritorno, e durante il secondo soggiorno a Pont-Aven nel 1888, applica il suo genio e la sua autorità alle
varie ricerche intraprese nello stesso periodo da Anquetin
e Bernard, per influsso di Puvis de Chavannes e
sull’esempio delle stampe giapponesi.
Questo è un momento
decisivo per G, che a quarant’anni elabora uno
stile originale integrando il cloisonnisme e il simbolismo
dei suoi amici nella propria esperienza del colore. La
«semplicità rustica e superstiziosa» della Visione dopo il
sermone (1888: Edimburgo, ng), o l’armonia scarlatta
della Festa Gloannec (Orléans, mba) attestano da allora, la
priorità data al colore.
Il simbolismo, diffuso da Aurier, diede nuova forza alle
sue pretese di redenzione, portandolo a condividere con
Van Gogh le utopie falansteriane, presto deluse dal loro
drammatico incontro ad Arles, tra l’ottobre e il dicembre
1888. Al di là dei rispettivi, opposti temperamenti, G si
afferma, come dimostra la sua veduta «composta» degli
Alyscamps (Parigi, mo), come pittore soprattutto classico,
teso all’equilibrio e all’armonia. A Parigi realizza numerose
ceramiche dalle curiose decorazioni antropomorfe ed
esegue per influsso di Bernard una serie di 11 litografie.
Una personale organizzata dal suo mercante, Theo van
Gogh, presso Boussod e Valadon nel novembre 1888, poi
la partecipazione alle collettive del Cercle Volpini durante
l’esposizione universale, e a quelle dei Venti a Bruxelles,
malgrado l’indifferenza e i sarcasmi, rivelarono il posto di
G all’interno del gruppo artificiosamente denominato
«scuola di Pont-Aven». Un’intatta vitalità, l’assenza di E.
Bernard l’approvazione di allievi piú modesti rafforzarono
la libertà e la fiducia manifestate da G nelle opere dipinte
a Pont-Aven, e poi al Pouldu nel 1889 e 1890. Con una
certa disinvoltura assimila ormai le lezioni di Cézanne
(Ritratto di Marie Derrien: Chicago, Art Inst.) o dell’arte
primitiva, conosciuta sin dall’infanzia e ritrovata nell’arte
bretone (Cristo giallo: Buffalo, ag), unendo un misticismo
sempre piú egocentrico (Cristo nell’orto degli Olivi: oggi a
Palm Beach) al gusto dell’esotico (Nirvana: Hartford,
Wadsworth Atheneum). G s’interessa a tutte le tecniche,
ntrovando nel legno scolpito la forza dei bassorilievi primitivi
(Siate innamorati e sarete felici: Boston, mfa; Siate
misteriosi: Parigi, mo).
Tornato a Parigi, diviene artista ricercato
delle riunioni letterarie del caffè Voltaire. In questo
periodo dipinge una grande tela simbolica dalle inquietanti
risonanze sensuali, la Perdita della verginità
(Norfolk, Chrysler Museum) e, sostenuto dai suoi amici,
prepara il suo primo esilio a Tahiti.
Il relativo successo di una vendita di quadri, il 23 febbraio
1891, gli consentí d’imbarcarsi il 4 aprile, dopo aver
ricevuto, in un banchetto tra amici, l’omaggio dei simbolisti.
La sua unica acquaforte, incisa prima di partire, è un
ritratto di Mallarmé. Abbagliato dalla bellezza degli indigeni
e dei paesaggi polinesiani, a Tahiti ritrovò di colpo
gli ampi ritmi classici dei bassorilievi egizi (Te Matete: Basilea,
km), la tenera spiritualità dei primitivi italiani (La
orana Maria: New York, mma) e il colore piatto e contornato
delle stampe giapponesi (Pastorali tahitiane: Mosca,
Museo Pu∫kin), che egli utilizzava con suprema libertà
plastica e cromatica (Siesta, 1891-92?: coll. Annenberg).
Esaltando i lussureggianti colori tropicali, conferí spesso
alla loro tenebrosa incandescenza la simbologia misteriosa
dei miti pagani (La Luna e la Terra: New York, moma) e
terrori superstiziosi e sensuali (Lo spirito dei morti veglia:
Buffalo, ag). Di giorno in giorno l’artista consegnava impressioni
e documenti in numerosi resoconti illustrati:
l’Antico culto mahori e Noa Noa, che, riveduto da Charles
Morite, fu pubblicato sulla «Revue blanche» nel 1897.
Nuovamente privo di risorse economiche, G tornò in
Francia dal 1893 al 1895; depresso dall’isolamento, coltiva
con ostentazione e disprezzo un esotismo ormai artificiale;
espone presso Durand-Ruel, ottenendo un successo
motivato quasi esclusivamente dalla curiosità che la sua
opera suscita presso il pubblico. Le tele che dipinse allora
sono un richiamo aggressivo e nostalgico alla sua esperienza
tahitiana e ai misfatti della civiltà (Aita tamari Vahina
Judith: coll. priv.; Mahana no Atua: Chicago, Art Inst.).
Tornò al Pouldu e a Pont-Aven, ove, ferito in una rissa,
fu costretto all’immobilità. Realizzò allora un sorprendente
complesso d’incisioni su legno in cui espresse il terrore
silenzioso dei culti tahitiani, con una tecnica contrastata e
precisa, che rinnova le xilografie primitive.
Liquidato in alcune vendite quanto aveva nello studio, G
torna a Tahiti nel marzo 1895. Solitario, indebitato, ammalato,
depresso, attraversa al suo ritorno una crisi terribile,
aggravata dalla morte della figlia Aline. Le inquietudini
sul destino umano e un accresciuto bisogno di solidità
plastica e di ritmi classici caratterizzano piú che mai
la sua arte (Nevermore, 1897: Londra, Courtauld Inst.;
Maternità, 1896 ca.: coll. priv.). Prima del mancato suicidio
del febbraio 1898, eseguí una vasta composizione,
Donde veniamo? dove siamo? dove andiamo? (1897: Boston, mfa), testamento pittorico ove «ogni frettolosità
scompare e la vita sorge» nella ricchezza della materia.
Dal 1898 sistematicamente sostenuto da Vollard e poi da
alcuni fedeli estimatori come Fayet, G ritrovò un certo
agio materiale, costantemente compromesso dalla lotta
procedurale contro le autorità civili e religiose dell’isola.
Espresse il suo spirito messianico di perseguitato aggressivo
in due organi di stampa, le «Guêpes» (vespe) e il
«Sourire», «giornale serio» illustrato da incisioni su
legno, e nei legni incisi che ornavano la sua capanna, «la
Casa della gioia» (Parigi, mo; e coll. priv.). Dipinti nel
1899, i Seni dai fiori rossi (New York, mma) e le Tre Tahitiane
(Edimburgo, ng) attestano ancora il fascino segreto e
strano dei suoi ampi volumi. Stabilitosi nel 1901 ad Atuona
nell’isola di Hiva Oa (Marchesi), G, sempre piú debole,
accentuò con tocchi vibranti la profonda raffinatezza
dai suoi accordi verdi, viola e rosa (E l’oro dei loro corpi,
1901: Parigi, mo; L’Appello, 1902: Cleveland am; Cavalieri
sulla spiaggia, 1902: Parigi, coll. Niarchos). Durante i
suoi ultimi anni scrisse molto: lettere agli amici, lo studio
sull’Esprit moderne et le catholicisme e Avant et après, importante
meditazione aneddotica e romanzata sulla sua
vita e la sua opera. Morí ad Atuona l’8 maggio 1903.
Divulgata dalle mostre organizzate dopo la sua morte, la
sua influenza non tardò ad estendersi al di là della cerchia
degli artisti che gli erano stati accanto a Pont-Aven, o dei
nabis, che all’Académie Ranson ne avevano ricevuto il
messaggio tramite Sérusier. Le opere di Willumsen in Danimarca,
Munch in Norvegia, Modersohn Becker in Germania,
Hodler in Svizzera Noñell in Spagna, e del Picasso
dei primi anni annunciano le riprese ancor più significative
dei fauves e dei cubisti francesi come Derain, Dufy e
La Fresnaye, o di espressionisti tedeschi come Jawlensky,
Mueller, Pechstein o Kirchner. G è rappresentato in
molti dei principali musei. Il mo di Parigi conserva un bel
complesso del maestro. Un Museo Gauguin è stato inaugurato
a Tahiti nel 1965; contiene numerosi documenti
sulla vita e l’opera dell’artista.