5/12/2020

Paul Gauguin (Parigi 1848 - Atuona (Isole Marchesi) 1903).

Nacque subito prima delle giornate rivoluzionarie del giugno 1848. Il padre, oscuro giornalista liberale, si recò in esilio dopo il colpo di stato del 1851 e morí a Panama, mentre la sua famiglia raggiunse Lima in Perú. La madre, figlia di una convinta saintsimoniana, Flora Tristán, era di nobile origine peruviana. Improntato sin dall’infanzia dal carattere messianico e fantastico dell’ambiente familiare, G serbò ricordi del suo soggiorno presso lo zio di Lima Don Pío de Tristán y Mostoso. Tornato a Orléans nel 1855, nel periodo della scuola coltivò sogni d’evasione, per poi arruolarsi dal 1865 al 1871 come pilota nella marina mercantile, navigando dall’America del Sud alla Scandinavia. Spinto dal tutore G. Arosa, iniziò nel 1871 una brillante carriera presso l’agente di cambio Bertin. Nel 1873 sposò una danese, Mette Gad. L’esempio di Arosa, collezionista attento di pittura, e l’amicizia di Pissarro incoraggiarono G ad acquistare, soprattutto tra il 1879 e il 1882, quadri impressionisti (Jongkind, Manet (Veduta olandese, pastello: Filadelfia, am), Pissarro, Guillaumin, Cézanne, Renoir, Degas, Mary Cassatt), e poi a dipingere e scolpire da dilettante: modellato e intaglio diretto presso lo sbozzatore Bouillot, quadri vicini al gusto di Bonvin e di Lépine (la Senna dal ponte di Jena, 1875: Parigi, mo); nel 1876 presenta una tela al salon ufficiale. Presto influenzato da Pissarro, espone con gli impressionisti dal 1879 al 1886, raccogliendo

nel 1881 l’approvazione entusiastica di Huysman per un solido e realistico Nudo (Copenhagen, ncg).

Tali successi incoraggianti, e una crisi finanziaria, lo indussero nel 1883 ad abbandonare gli affari per dedicarsi interamente alla pittura. Per due anni, da Rouen a Copenhagen, cercò un illusorio equilibro che si risolse, col ritorno a Parigi nel giugno 1885, nel naufragio della sua vita familiare e nella miseria. Nel 1886 presenta all’ottava mostra impressionista 19 tele in cui la sua originalità inizia ad affermarsi nelle inquietanti armonie dei paesaggi. Tornato a Parigi dopo un soggiorno estivo a Pont-Aven, dove aveva incontrato E. Bernard e Ch. Laval, G realizza presso Chaplet ceramiche dalle semplificazioni interessanti, e incontra Van Gogh. Il viaggio del 1887 in Martinica, insieme a Laval, gli rivela il valore simbolico dei colori, rafforzando gli influssi concomitanti di Cézanne e di Degas. Al suo ritorno, e durante il secondo soggiorno a Pont-Aven nel 1888, applica il suo genio e la sua autorità alle varie ricerche intraprese nello stesso periodo da Anquetin e Bernard, per influsso di Puvis de Chavannes e sull’esempio delle stampe giapponesi.

Questo è un momento decisivo per G, che a quarant’anni elabora uno stile originale integrando il cloisonnisme e il simbolismo dei suoi amici nella propria esperienza del colore. La «semplicità rustica e superstiziosa» della Visione dopo il sermone (1888: Edimburgo, ng), o l’armonia scarlatta della Festa Gloannec (Orléans, mba) attestano da allora, la priorità data al colore. Il simbolismo, diffuso da Aurier, diede nuova forza alle sue pretese di redenzione, portandolo a condividere con Van Gogh le utopie falansteriane, presto deluse dal loro drammatico incontro ad Arles, tra l’ottobre e il dicembre 1888. Al di là dei rispettivi, opposti temperamenti, G si afferma, come dimostra la sua veduta «composta» degli Alyscamps (Parigi, mo), come pittore soprattutto classico, teso all’equilibrio e all’armonia. A Parigi realizza numerose ceramiche dalle curiose decorazioni antropomorfe ed esegue per influsso di Bernard una serie di 11 litografie. Una personale organizzata dal suo mercante, Theo van Gogh, presso Boussod e Valadon nel novembre 1888, poi la partecipazione alle collettive del Cercle Volpini durante l’esposizione universale, e a quelle dei Venti a Bruxelles, malgrado l’indifferenza e i sarcasmi, rivelarono il posto di
G all’interno del gruppo artificiosamente denominato «scuola di Pont-Aven». Un’intatta vitalità, l’assenza di E. Bernard l’approvazione di allievi piú modesti rafforzarono la libertà e la fiducia manifestate da G nelle opere dipinte a Pont-Aven, e poi al Pouldu nel 1889 e 1890. Con una certa disinvoltura assimila ormai le lezioni di Cézanne (Ritratto di Marie Derrien: Chicago, Art Inst.) o dell’arte primitiva, conosciuta sin dall’infanzia e ritrovata nell’arte bretone (Cristo giallo: Buffalo, ag), unendo un misticismo sempre piú egocentrico (Cristo nell’orto degli Olivi: oggi a Palm Beach) al gusto dell’esotico (Nirvana: Hartford, Wadsworth Atheneum). G s’interessa a tutte le tecniche, ntrovando nel legno scolpito la forza dei bassorilievi primitivi (Siate innamorati e sarete felici: Boston, mfa; Siate misteriosi: Parigi, mo).

Tornato a Parigi, diviene artista ricercato delle riunioni letterarie del caffè Voltaire. In questo periodo dipinge una grande tela simbolica dalle inquietanti risonanze sensuali, la Perdita della verginità (Norfolk, Chrysler Museum) e, sostenuto dai suoi amici, prepara il suo primo esilio a Tahiti. Il relativo successo di una vendita di quadri, il 23 febbraio 1891, gli consentí d’imbarcarsi il 4 aprile, dopo aver ricevuto, in un banchetto tra amici, l’omaggio dei simbolisti. La sua unica acquaforte, incisa prima di partire, è un ritratto di Mallarmé. Abbagliato dalla bellezza degli indigeni e dei paesaggi polinesiani, a Tahiti ritrovò di colpo gli ampi ritmi classici dei bassorilievi egizi (Te Matete: Basilea, km), la tenera spiritualità dei primitivi italiani (La orana Maria: New York, mma) e il colore piatto e contornato delle stampe giapponesi (Pastorali tahitiane: Mosca, Museo Pu∫kin), che egli utilizzava con suprema libertà plastica e cromatica (Siesta, 1891-92?: coll. Annenberg).

Esaltando i lussureggianti colori tropicali, conferí spesso alla loro tenebrosa incandescenza la simbologia misteriosa dei miti pagani (La Luna e la Terra: New York, moma) e terrori superstiziosi e sensuali (Lo spirito dei morti veglia: Buffalo, ag). Di giorno in giorno l’artista consegnava impressioni e documenti in numerosi resoconti illustrati: l’Antico culto mahori e Noa Noa, che, riveduto da Charles Morite, fu pubblicato sulla «Revue blanche» nel 1897. Nuovamente privo di risorse economiche, G tornò in Francia dal 1893 al 1895; depresso dall’isolamento, coltiva con ostentazione e disprezzo un esotismo ormai artificiale; espone presso Durand-Ruel, ottenendo un successo motivato quasi esclusivamente dalla curiosità che la sua opera suscita presso il pubblico. Le tele che dipinse allora sono un richiamo aggressivo e nostalgico alla sua esperienza tahitiana e ai misfatti della civiltà (Aita tamari Vahina Judith: coll. priv.; Mahana no Atua: Chicago, Art Inst.).

Tornò al Pouldu e a Pont-Aven, ove, ferito in una rissa, fu costretto all’immobilità. Realizzò allora un sorprendente complesso d’incisioni su legno in cui espresse il terrore silenzioso dei culti tahitiani, con una tecnica contrastata e precisa, che rinnova le xilografie primitive. Liquidato in alcune vendite quanto aveva nello studio, G torna a Tahiti nel marzo 1895. Solitario, indebitato, ammalato, depresso, attraversa al suo ritorno una crisi terribile, aggravata dalla morte della figlia Aline. Le inquietudini sul destino umano e un accresciuto bisogno di solidità plastica e di ritmi classici caratterizzano piú che mai la sua arte (Nevermore, 1897: Londra, Courtauld Inst.; Maternità, 1896 ca.: coll. priv.). Prima del mancato suicidio del febbraio 1898, eseguí una vasta composizione, Donde veniamo? dove siamo? dove andiamo? (1897: Boston, mfa), testamento pittorico ove «ogni frettolosità scompare e la vita sorge» nella ricchezza della materia.

Dal 1898 sistematicamente sostenuto da Vollard e poi da alcuni fedeli estimatori come Fayet, G ritrovò un certo agio materiale, costantemente compromesso dalla lotta procedurale contro le autorità civili e religiose dell’isola. Espresse il suo spirito messianico di perseguitato aggressivo in due organi di stampa, le «Guêpes» (vespe) e il «Sourire», «giornale serio» illustrato da incisioni su legno, e nei legni incisi che ornavano la sua capanna, «la Casa della gioia» (Parigi, mo; e coll. priv.). Dipinti nel 1899, i Seni dai fiori rossi (New York, mma) e le Tre Tahitiane (Edimburgo, ng) attestano ancora il fascino segreto e strano dei suoi ampi volumi. Stabilitosi nel 1901 ad Atuona nell’isola di Hiva Oa (Marchesi), G, sempre piú debole, accentuò con tocchi vibranti la profonda raffinatezza dai suoi accordi verdi, viola e rosa (E l’oro dei loro corpi, 1901: Parigi, mo; L’Appello, 1902: Cleveland am; Cavalieri sulla spiaggia, 1902: Parigi, coll. Niarchos). Durante i suoi ultimi anni scrisse molto: lettere agli amici, lo studio sull’Esprit moderne et le catholicisme e Avant et après, importante meditazione aneddotica e romanzata sulla sua vita e la sua opera. Morí ad Atuona l’8 maggio 1903.

Divulgata dalle mostre organizzate dopo la sua morte, la sua influenza non tardò ad estendersi al di là della cerchia degli artisti che gli erano stati accanto a Pont-Aven, o dei nabis, che all’Académie Ranson ne avevano ricevuto il messaggio tramite Sérusier. Le opere di Willumsen in Danimarca, Munch in Norvegia, Modersohn Becker in Germania, Hodler in Svizzera Noñell in Spagna, e del Picasso dei primi anni annunciano le riprese ancor più significative dei fauves e dei cubisti francesi come Derain, Dufy e La Fresnaye, o di espressionisti tedeschi come Jawlensky, Mueller, Pechstein o Kirchner. G è rappresentato in molti dei principali musei. Il mo di Parigi conserva un bel complesso del maestro. Un Museo Gauguin è stato inaugurato a Tahiti nel 1965; contiene numerosi documenti sulla vita e l’opera dell’artista.