5/12/2020

Vincent Van Gogh (Groot Zunder (Brabante) 1853 - Auvers-sur-Oise 1890).

Le tappe del suo percorso artistico sono intimamente collegate alla sua biografia. La corrispondenza di Vincent con i pittori van Rappard ed Emile Bernard, e soprattutto con il fratello minore Theo, ha rappresentato uno strumento d’indagine senza precedenti, tanto che la fisionomia dell’artista e il suo dramma psicologico si possono dire quasi eccessivamente documentate.


Figlio di un pastore protestante, fece per breve tempo (dicembre 1878 - luglio 1879) il predicatore nella regione mineraria belga del Borinage, con risultati fallimentari. Cosí, il suo disperato bisogno di comunicare e un’ansia salvifica nei confronti dell’umanità, si riversò nell’arte, alla quale si dedicò solo relativamente tardi, nel 1880. «Mi sono detto: riprendo in mano la matita e mi rimetto a disegnare e da
allora tutto per me è cambiato» (agosto 1880). La sua concezione artistica è da subito intrisa di socialismo proudhoniano, che lo spinge ad assumere come modelli, oltre a Rembrandt e ai pittori olandesi del Seicento, Daumier, Jules Breton, Dupré, ma soprattutto Millet e ad illustrare il mondo degli umili.

Dopo l’esperienza iniziale di impiegato nella Galleria d’arte Goupil (L’Aja, Londra, Parigi) dal 1869 al 1876, dopo alcuni mesi di apprendistato presso un libraio di Dordrecht (1877), fallito il tentativo di fare il predicatore, la sua produzione è scandita da grandi fasi: la fase olandese e la fase francese inframezzate dal breve periodo di Anversa. Il periodo olandese (Ettern, L’Aja, Drenthe e soprattutto Nuenen, dicembre 1883 - novembre 1885) risente molto del ricordo, ancora vivo in lui, dell’esperienza del Borinage, quando l’artista viveva nel quotidiano contatto con la miseria fisica e morale. VG si costringe senza tregua, dal 1880 al 1882, a disciplinare il proprio disegno. Sin dal suo soggiorno a Londra (1873-75) aveva raccolto i fascicoli di «The Graphic London News» e dell’«Illustration», e studiato le incisioni su legno e le litografie che contenevano. Praticò l’acquerello (Tetti all’Aja, 1882: Parigi, coll. priv.) e affrontò la pittura solo al termine di questi anni di sforzo paziente. All’Aja, dove operò per breve tempo insieme a Breitner, ricevette il suo primo e unico incarico (dodici disegni a penna di vedute della città) da un suo zio, mercante di quadri ad Amsterdam. Sempre all’Aja eseguí Sorrow (disegno a mina di piombo, aprile 1882: L’Aja, coll. priv.; da questo trasse una litografia tirata in novembre), figura allegorica per la quale posò Sien, una prostituta incinta. Il tema, espressione di disperazione insanabile dinnanzi al concepimento involontario, lo stile puramente grafico, di una tensione metallica, fanno di questa pagina uno dei pezzi fondamentali del pre-simbolismo e accostano VG agli austriaci Klimt e Schiele.

VG disegnatore (numerosissimi sono i suoi studi, in particolare a carboncino nero) prosegue in questa ricerca a Nuenen: i suoi soggetti, uomini e donne del popolo, di solito al lavoro, contadini e tessitori, sono sempre rappresentati con istintiva simpatia, mai puri pretesti (Contadina che spigola, di spalle e di profilo, 1885: Otterlo, Kröller-Müller). L’opera dipinta è tutta all’insegna del chiaroscuro, con impasti e abbreviazioni espressive che combinano Hals e Rembrandt: «Non mi piace che alcuni pittori di oggi ci privino del bistro e del bitume, con cui sono state dipinte tante cose magnifiche», risponde al fratello che da
Parigi, dove dal 1880 lavora, gli vanta i colori chiari degli impressionisti. Sintesi e punto di arrivo del periodo olandese può considerarsi I mangiatori di patate (1885: due grandi versioni, Amsterdam, Rijksmuseum Vincent VG e Otterlo, Kröller-Müller), opera molto meditata e risultato di decine di studi attraverso la quale il pittore esalta «il lavoro manuale e il nutrimento onestamente guadagnato».

Ma è durante il soggiorno ad Anversa (fine del novembre 1886) che VG intraprende una propria ricerca sul colore, suggestionato da Rubens, scoperto al museo, e dalle stampe giapponesi, di cui compera qualche foglio (piú tardi ne possiederà circa duecento). Contemporaneamente inaugura la serie degli autoritratti; in particolare realizza lo stupefacente e tetro Teschio con sigaretta (Amsterdam, Rijksmuseum VG), prossimo a Ensor.

Fu però a Parigi (febbraio 1886 - febbraio 1888) che VG sperimenta nuove vie. Dopo un passaggio molto breve nello studio di Cormon, dove conobbe Lautrec, VG si legò a Pissarro, Gauguin, Bernard, Signac, frequentando la bottega di Père Tanguy. L’incontro con il neoimpressionismo, da cui deriva la tecnica del pointillisme, e dall’altra la passione per le stampe giapponesi – da cui deriva l’arabesco disegnativo, l’estrema sintesi linearistica, l’uso delle tinte piatte, l’elegante semplicità della composizione e dell’impaginazione – improntano in modo decisivo la sua opera successiva in una singolare sintesi di due contrapposti atteggiamenti tecnici. Lo attesta bene il Ritratto di Père Tanguy (1887-88: Parigi, Musée Rodin), dove l’artista coniuga la tecnica divisionista piegata a fini espressivi, con cui «costruisce» la figura di Tanguy, a citazioni testuali della pittura giapponese, assunte a sfondo del ritratto.

L’intensità espressiva del periodo di Nuenen, ancora avvertibile nei primi mesi del soggiorno parigino (Testa di donna, 1886: Basilea, coll. Staechelin), scompare in una serie di opere tra le piú serene che egli abbia mai dipinto per vivacità di esecuzione e freschezza del colore (dominano infatti i bianchi, i rosa e gli azzurri): interni di ristorante (1887: Otterlo, Kröller-Müller), vedute di Montmartre (Giardinetti sulla Butte di Montmartre, 1887: Amsterdam, SM). Le discussioni con Gauguin e Bernard lo convincono che l’impressionismo, come il neoimpressionismo, vadano superati.

Partito per Arles nel febbraio 1888, cercherà nel Mezzogiorno, di cui gli ha parlato Lautrec, maggior luce, maggior colore, tanto che un’ulteriore accensione cromatica connota già le prime opere del periodo (Il ponte di Langlois, 1888: Otterlo Kröller-Müller; Le Crau, 1888: Amsterdam, Rijksmuseum VG). A questi nuovi interessi, va collegato anche l’incontro con Gauguin, che lo raggiunge nel 1888. I due condividono un’intensa ma breve stagione, tragicamente interrotta nel dicembre quando VG, dopo aver tentato di ferire Gauguin, si mutila l’orecchio sinistro (Autoritratto con l’orecchio mozzo, 1889: Chicago, coll. priv.).

Sotto l’influenza del sintetismo di Gauguin, VG realizza alcune opere sintetiste (Les Alyscamps, 1888: Otterlo, Kröller- Müller; L’Arlesiana, 1888: New York, MMA). Tra le opere del periodo di Arles ricordiamo ancora: La camera di van Gogh (1889: Parigi, MO), la serie dei Girasoli (1889), Il caffè di notte (1888: New Haven, Yale University AG) del quale lui stesso scrisse: «Ho cercato di esprimere con il rosso e con il verde le terribili passioni umane». L’uso del colore con significati simbolico-espressivi e la deformazione prospettica fanno di questo quadro un momento di svolta fondamentale in senso «espressionistico» della storia della pittura europea.

Dopo l’episodio del taglio dell’orecchio Vincent viene ripetutamente ricoverato in ospedale ad Arles per il ricorrere di forti crisi depressive. In seguito, l’ostilità degli abitanti di Arles – che ne aveva determinato l’internamento all’Hôtel-Dieu, riceve la visita di Signac – lo spinge a farsi trasferire, pienamente consenziente, nel manicomio Saint-Paul-de Mausole a Saint Rémy de Provence (maggio 1889 - maggio 1890): qui subisce tre crisi terribili, uscendone in uno stato di totale prostrazione.

Quello di Saint Rémy è il periodo piú visionario di VG. L’impressionismo è ormai abbandonato. I mezzi espressivi, colore, composizione, disegno, non sono piú al servizio della rappresentazione oggettiva del mondo reale, ma traspongono simbolicamente realtà interiori. La tecnica neoimpressionista si trasforma in segni curvilinei, rutilanti, di un’energia quasi stordente con una forte valenza gestuale. Ricorrono nelle tele di questo periodo, elementi naturali, in particolare ulivi e cipressi, animati da una tensione animistica che trascende la loro apparenza (L’uliveto, 1889: Otterlo, Kröller-Müller; Cipresso su un cielo stellato, 1889: ivi).

«Con un quadro vorrei esprimere qualcosa di commovente, come una musica, vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui una volta era simbolo l’aureola» (Arles, agosto 1888): tale poetica è pienamente espressa in opere come La notte stellata (1889: New York, MOMA) o in alcuni dei suoi numerosi autoritratti (Autoritratto, 1889: Parigi, MO; Autoritratto con tavolozza, 1889: coll. Mrs. John Hay Whitney) e connota inoltre i primi lavori eseguiti ad Auvers-sur-Oise (la Chiesa di Auvers; Capanne a Cordeville: Parigi, MO). Qui il dottor Gachet lo accolse e lo curò nell’ultima fase della sua malattia (maggioluglio 1890): il crescere del suo stato di infermità mentale predomina invece in dipinti come Campo di grano con corvi (1890: Amsterdam, Rijksmuseum VG), significativamente ultima sua opera prima del suicidio, morendo dopo due giorni di sofferta agonia.

Nel gennaio 1891 un articolo di Albert Aurier sul «Mercure de France» attirò per la prima volta l’attenzione sulla sua arte; poco meno di un anno prima, Theo (che scomparve nel gennaio 1891) aveva annunciato all’artista che uno dei suoi quadri, esposto al Salone dei Venti a Bruxelles, la Vigna rossa, era stato acquistato per la somma di quattrocento fiorini dalla pittrice belga Anna Boch (l’opera è attualmente al Museo Pu‰kin di Mosca). È questo l’unico quadro che l’artista riuscí a vendere durante la sua vita: analogamente la fortuna critica della sua opera fu postuma.

VG ha esercitato un’influenza complessa e duratura sull’arte a lui contemporanea, ispirando anche artisti del Novecento. Ha apportato al fauvisme francese una lezione di costruzione del quadro attraverso il tocco di colore, che né i neoimpressionisti né Gauguin avevano dotato di tali potenzialità; all’espressionismo tedesco, preoccupato di sottolineare i propri intenti morali, ha svelato il ruolo simbolico che il colore può svolgere. L’apporto del periodo francese apparve piú determinante nel segnare l’evoluzione dell’arte moderna, e pertanto il periodo olandese si trovò ad essere rivalutato all’indomani della prima guerra mondiale, quando l’espressionismo belga-olandese tornò a celebrare le virtú di un territorio aspro e grezzo. E la discendenza autentica di VG è certamente qui, in particolare nelle realizzazioni tarde di Permeke o di Jabbeke.

Il catalogo dell’artista, fissato da J. B. de la Faille (1928), è stato aggiornato nel 1970. Comprende oltre ottocentocinquanta dipinti, le nove litografie eseguite dall’artista in Olanda e una sola acquaforte (Ritratto del dott. Gachet). VG è eccellentemente rappresentato in Olanda, ad Amsterdam (SM e Rijksmuseum VG, inaugurato nel 1972), ad Otterlo (Kröller-Müller), all’Aja (GM), e a Rotterdam (BVB). A Parigi è confluita al MO la donazione Gachet: in complesso sono qui conservati una ventina di dipinti e ricordi dell’ultima fase di vita dell’artista.

Nel 1990 in occasione del centenario della morte, il Rijksmuseum Vincent VG di Amsterdam e il Kröller-Müller di Otterlo hanno organizzato la piú ampia e completa retrospettiva che sia mai stata realizzata sull’artista.