Si ritiene che gli axones greci e gli alba romani (da album, bianco)
costituissero nell’antichità, per la loro concezione, i mezzi di comunicazione
in uso più vicini al m moderno.
Gli axones erano pilastri quadri, dotati, mediante un meccanismo interno, di un
movimento di rotazione lento e regolare: su di essi erano incise le liste dei
pubblici giochi con i nomi degli atleti in gara. A Roma si usava l’album nei
luoghi pubblici e nei più importanti luoghi d’incontro della città: muri
imbiancati a calce erano suddivisi in rettangoli uguali, ed usurai, mercanti,
trafficanti di schiavi vi scrivevano i propri annunci col carbone, l’ocra o la
porpora. «La squadra di gladiatori di Aulo Suetto Cerio combatterà a Pompei
l’ultimo giorno di maggio», si può leggere su un muro di quella città. Un
disegno, o un ritratto, ravvivavano a volte le iscrizioni.
Con l’invenzione della stampa (1449) nasceva e si sviluppava il m secondo il
concetto moderno di produzione e diffusione in serie. Il primo m a stampa
conosciuto, realizzato nel 1477 da William Caxton, pubblicizzava le cure termali
di Salisbury. Quanto al m illustrato, la sua origine risale al Pardon de
Notre-Dame de Paris, stampato nel 1489 da Jean du Pré.
A partire dal XVII sec. divennero frequenti gli annunci per le rappresentazioni
teatrali, i bandi di reclutamento per gli eserciti e gli avvisi di «imprese
commerciali» (Compagnia delle Indie orientali, 1670).
Nel XVIII sec. comparvero in Spagna i primi grandi m di corride (Corrida de
Toros, 1761: Siviglia), che prefigurano le cromolitografìe dei maestri spagnoli
del XIX e del XX sec. Vari sistemi di stampa consentivano già la produzione di m
di qualità, ma la vera e propria arte del m si legò alla tecnica litografica,
inventata alla fine del XVIII sec. Fino a quel momento infatti le tecniche
grafiche (incisione su legno e su rame) e la tipografia si combinavano in un più
o meno felice equilibro tra l’illustrazione e il testo che, generalmente,
rimanevano separati; durante la prima metà del XIX sec., grazie alla litografia,
queste due componenti a poco poco si fusero.
L’impiego del colore (per cromolitografia o serigrafia) consentì una maggiore
libertà d’innovazione, in sintonia con le esigenze dello sviluppo industriale:
l’obiettivo primario del m, attirare l’attenzione, diviene infatti tanto più
imperativo con lo svilupparsi di un’economia concorrenziale.
Francia
Nel XIX sec. la produzione di manifesti raggiunse un codice stilistico autonomo
grazie al contributo di artisti come Gavarni, Daumier, Manet e Toulouse-Lautrec.
Le realizzazioni migliori di Gavarni furono legate all’uscita dei libri di
Balzac: La vie coniugale, OEuvres choisies, e soprattutto Le Juif errant. Vicino
a Daumier, Tony Johannot, il cui m per il Voyage où il vous plaira (1843) di
Alfred de Musset è a mezza strada tra la caricatura e il realismo fantastico; di
Manet è uno dei m più belli di questo periodo, che annunciava l’uscita di Les
chats di Champfleury mediante una composizione in bianco e nero che rivelava
l’influsso dell’arte giapponese.
Occorre però attendere il Bal Valentino (1867) di Jules Chéret per poter parlare
di modernità del m, che con l’abbondante produzione di Chéret inizia il suo
periodo d’oro: il m per il Faust (1876) presenta un movimento ritmico che
prefigura gli anni Novanta dell’Ottocento, qualità che si ritrova nella serie
dei Girards (1877) realizzata per le Folies-Bergère.
La comparsa nelle composizioni di donne dalle forme procaci (Saxoléine, pétrole
de sûreté, 1890) è il segno di un nuovo stile del m: il gioco di colori vivaci
che sostiene l’erotismo «mondano» di Chéret sembra ispirarsi direttamente ai
maestri giapponesi delle stampe, come Hokusai, Utamaro e Hiroshige. La riduzione
dei dettagli, la nettezza del tracciato, l’esaltazione degli elementi essenziali
sono altrettanti procedimenti consentiti dalla giustapposizione di colori piatti
secondo la tecnica propria di tali maestri (Loïe Fuller, 1893; Théâtre optique
de E. Reynaud, 1892).
L’orientalismo penetra rapidamente nel linguaggio figurativo del momento: Eugène
Grasset, ispiratosi inizialmente all’arte medievale (Opéra national, 1886),
approdò presto al gusto per il segno giapponese (Salon des Cent, 1894; Encre
Marquet, 1892). In Toulouse-Lautrec questa tendenza si precisò: i contorni più
marcati delle figure, la linea salda e la crescente importanza conferita alle
superfici caratterizzarono i suoi m più celebri (Au Moulin Rouge, la Goulue,
1891; gli Ambassadeurs, 1892; Divan japonais, 1892; Yvette Guilbert, 1894; Jane
Avril, 1899).
Il segno tipografico e l’impaginazione del testo svolgono un ruolo essenziale
nel risultato finale. Bonnard, come numerosi artisti suoi contemporanei, creò m
di eccezionale fascino: France-Champagne nel 1899, Cycles Papillon nel 1894.
Steinlen, le cui opere furono spesso permeate di idee sociali, faceva parte come
Toulouse-Lautrec dell’ambiente di Montmartre: disegnò nel 1896 Tournée du
Chat-Noir per il cabaret dell’amico Rudolphe Solis, e nel 1899 la Traite des
Blanches per il «grande romanzo inedito» di Dubut de Laforest.
Tra tutti i cartellonisti parigini dell’epoca, colui che meglio espresse i
caratteri dell’Art Nouveau fu Alphonse Mucha: le volute e gli arabeschi, i
motivi floreali esuberanti che emergevano nei suoi m per Sarah Bernhardt (Gismonda,
1894; Médée, 1898; la Dame aux camélias, 1899) o per il Papier à cigarette Job
(1898) inquadrano con eleganza la diva degli anni Novanta dell’Ottocento.
Gran Bretagna
In Inghilterra il m pubblicitario, di carattere decisamente moderno, è legato al
nome di John Hassal. Con Colman’s Mustard (1898) Hassal propagandò per la prima
volta un prodotto raffigurandolo con esattezza fotografica, anche se a scapito
della composizione d’insieme che rimaneva incerta. Fu l’humour – peraltro non di
rado grossolano – a fare la sua gloria, malgrado l’aspetto essenzialmente
aneddotico dei suoi m (Veritas Mantles, 1897; Skegness is so bracing, 1909).
Dudley Hardy creò un genere più denso di poesia, nel quale sembra presente, ma
non perfettamente assimilato, l’influsso di Chéret (Gaiety Girl, 1894).
Più squisitamente britannica l’arte dei Beggartstaff Brothers, vale a dire di
James Pryde e di William Nicholson. L’interesse per l’arte giapponese, molto
vivo in Gran Bretagna, produsse risultati più eleganti che in Francia: linee
sicure, colori puri e forme arrotondate, come in Rowntree’s Elect Cocoa (1900) o
nel Don Quixote (1896: m realizzato per la commedia in un atto di Henry Irving
al Lyceum Theatre). Con Cecil Aldin comparvero paesaggi tipici dell’Inghilterra
fine secolo (Cadbury’s Cocoa, 1899; Caiman’s Blue, 1899), e scene mondane
ispirate ai modelli aristocratici (Ellis Davies’ Tea, 1899). Se numerosi
cartellonisti francesi rivelano, anche in queste produzioni, un solido mestiere
di pittori, gli artisti inglesi sembrano piuttosto possedere notevoli qualità
come disegnatori o caricaturisti.
Germania
Il m, come genere pubblicitario nacque sull’esempio della produzione francese e
inglese, ma acquistò una fisionomia autonoma quando, nel 1896, venne fondata la
rivista «Die Jugend», con l’obiettivo di rinnovare lo stile nelle arti applicate.
Lo Jugendstil, unificando ricerche simboliste ed espressioniste, si arricchì nel
m, di ricerche formali stimolate dai segni tipografici da cui sortirono due
tendenze: lo Jugend floreale dapprima, poi, verso il 1900, lo ]ugend geometrico,
di sapore costruttivista ante luterani.
Legato al primo filone era Thomas Theodor Heine, cofondatore della rivista «Simplicissimus»,
per la quale realizzò numerosi m satirici (Teufel, 1896; Doggen, 1897) di
penetrante umorismo e di piglio concentrato. Semplicità ed economia di mezzi si
riscontrano nell’arte di Bruno Paul, ma con caratteristiche meno aggressive (Esposizione
«L’arte nell’artigianato», 1902). Il m realizzato nel 1899 da Emil Rudolf Weiss
per le edizioni Insel costituisce un esempio perfetto di Jugendstil floreale, e
documenta le nuove ricerche tipografiche tedesche.
Al m commerciale legò il proprio nome il berlinese Lucian Bernhard, che
raggiunse una sintesi straordinaria tra prodotto da pubblicizzare e testo
esplicativo, limitato spesso a un solo termine, quello che indica la ditta o il
prodotto stesso, conseguendo l’effetto pubblicitario mediante la stilizzazione
della forma dell’oggetto e l’impiego delle più forti dissonanze cromatiche:
Lustige Blätter (1907), Lampade Osram (1913). Julius Klinger integrò con grande
sapienza il testo nel disegno, facendone a volte l’elemento dominante dei suoi m
(Palm Cigarren, 1906); Ludwig Hohlwein predilesse sempre il disegno, nel quale
l’armonia dei colori sovrapposti e gli effetti di chiaroscuro suggeriscono
l’influenza della fotografia (Marco-Polo-Tee, 1911; Jockey Club di Monaco, 1910). Il movimento espressionista
arricchì le tematiche tradizionali del m con spunti di carattere sociale: si
pensi a Kokoschka (la Tragedia dell’uomo, 1908) e altri artisti della rivista
berlinese «Der Sturm» e del gruppo Die Brücke (m di Kirchner per le mostre del
1906).
Austria
L’Austria partecipò tardivamente a questo rinnovamento. La Secessione viennese,
fondata da Josef Hoffmann, propose uno stile essenzialmente geometrico,
costituito soprattutto da rettangoli e quadrati, diversificandosi così dall’Art
Nouveau, decisamente più ornamentale (Ver Sacrum, 1898). Koloman Moser ridusse
il gioco delle linee in movimento, proprie dell’Art Nouveau, a un sistema di
effetti geometrici che inquadrano un personaggio estremamente stilizzato, di
profilo o di faccia (Jacob and Joseph Kohn, Furniture Fabric, 1908).
Belgio
In Belgio, lo stile floreale conobbe numerosi adepti tra i cartellonisti.
Privat-Livemont creò un genere essenzialmente lineare, nel quale il colore aveva
l’unico scopo di ravvivare il m (Cabourg à 5 heures de Paris, 1896); lo stesso
si può dire di Victor Mignot, che disegnava nel 1897 un m per il Cénacle, in cui
le linee morbide e sicure dei personaggi si organizzano in intrecci
rigorosamente calcolati; più secca e geometrica l’arte di Meunier, le cui
ricerche cromatiche erano spesso sgradevoli (Casino de Blankenberch, 1896).
Olanda
In Olanda la Nieuwe Kunst differì dall’Art Nouveau degli altri paesi europei:
erano assenti sia il gusto decorativo francese sia il simbolismo tedesco. I
maestri nell’arte del m individuarono uno stile proprio, qualche volta più greve,
privo di umorismo. Jan Toorop disegnò m il cui intero spazio era gremito di
motivi floreali o di curve parallele (Delftsche Slaolie, 1895; Het Hoogeland
Beekbergen, 1896), mentre il suo discepolo Johan Thorn Prikker si caratterizzò
per torsioni lineari ancora più insistite.
Italia
L’Italia fu influenzata a lungo dai modelli francesi: Leopoldo Metlicovitz fu il
primo a liberarsi dall’influsso dell’Art Nouveau, attingendo all’arte giapponese.
Il celebre m da lui realizzato per l’opera Madame Butterfly di Puccini (1904)
era direttamente ispirato a una stampa di Hiroshige. Il suo allievo Marcello
Dudovich fu il più significativo tra gli autori italiani di m fino alla Grande
Guerra (Zenit, 1911) e fece spesso ricorso all’erotismo (Liquore Strega, 1906).
Stati Uniti
William H. Bradley è senza dubbio l’unico cartellonista autenticamente americano
che abbia saputo arginare la moda del French poster ispirato a Toulouse-Lautrec,
il quale eseguì due m per The Chap-Book nel 1896. Il «floreale» di Bradley
raggiunge talvolta tale esuberanza da provocare forti stimoli ottici (Victor
Bicycles, 1893). I cinque m realizzati nel 1895-96 per The Chap- Book ne
testimoniano la ricchezza stilistica e la sapienza nell’uso del colore. Maxfield
Parrish impiegò un unico colore, conferendo ai suoi paesaggi campestri un
carattere estatico, spesso paradisiaco (The Century, 1897; Scribner’s Fiction
Number, 1897). Più vicino agli artisti europei, Louis Rhead rivesti i suoi
personaggi di ampi drappeggi dalle soffici linee, riducendone l’eccentricità
mediante cornici geometriche e secche (The Sun, 1985; Scribner’s, 1896).
A partire dal 1914, numerosi artisti si misero al servizio dei loro paesi per
impostare la propaganda politica; il fenomeno ebbe proporzioni assai vaste
soprattutto in Russia subito dopo la rivoluzione. I manifesti più intimamente
legati a tematiche rivoluzionarie furono quelli, totalmente astratti, realizzati
da El Lissitskij in sostegno dell’Armata Rossa (Combattere i bianchi col
triangolo rosso, 1919). La sua influenza si diffuse all’estero nel periodo tra
le due guerre.
In Germania, soprattutto ad opera di Moholy-Nagy e di Schmidt, attivi come
docenti nel Bauhaus, i modelli russi influirono sulla definizione formale degli
stessi caratteri tipografici, impaginati con studiato equilibrio assieme a forme
geometriche elementari. In Francia confluirono nella produzione di m tutte le
esperienze figurative che animavano la vivace ricerca pittorica: Loupot si
ispirava all’impressionismo; Cappiello ai fauves; Mouron (detto anche
Cassandra), all’estetica cubista. Colin, dal canto suo, teorizzava un tipo di m
«che brutalizzasse e che aggredisse».
Il resto d’Europa non produsse idee innovatrici in materia; in Germania, dopo il
1933, l’ideologia nazista dominò incontrastata la produzione di m politici e
commerciali. Gli stimoli al rinnovamento provennero dagli Stati Uniti, grazie
anche alle immense possibilità offerte dalla fotografia, in primo luogo con le
ricerche sperimentali di Man Ray nel ritocco, montaggio, ingrandimento. La
tradizionale vocazione grafica andò invece declinando, fatta eccezione per i m
pubblicitari della produzione cinematografica.
Nel dopoguerra il m tornò ad essere impiegato nella pubblicità, e continuò ad
essere condizionato dalle maggiori correnti figurative contemporanee, e
soprattutto dalla fotografia. Dopo il 1965, la Pop Art contribuí a dare nuova
vitalità al linguaggio figurativo dei m e ad uniformare lo stile, in America
come in Europa. Analoga importanza ha avuto l’iperrealismo, soprattutto nel
definire un nuovo modo di impaginare piccoli dettagli, ingranditi ed enfatizzati.
In Francia, in concomitanza con gli avvenimenti del 1968, molti artisti,
provenienti da tutti i paesi, collaborarono alla realizzazione di m politici.
Divenuto un elemento connotativo della cultura di massa, il m fu a sua volta
oggetto di sperimentazioni figurative d’avanguardia (M. Rotella, collages e
décollages, a partire dal 1954).