5/13/2020

Performance and happening

La performance è, tra le molte pratiche artistiche che caratterizzano il Novecento, quella che ha avuto una maggiore diffusione

La performance coinvolge il corpo: quello dell'artista, quello dello spettatore o entrambi insieme. Essa si manifesta come azione che si svolge nel tempo e nello spazio innescando una relazione tra artista e pubblico che vi assiste.

Per queste sue caratteristiche la performance (in tedesco Aktion) può riferirsi all'ambito delle arti visive così come a quello teatrale e video, alla poesia, al cinema, alla danza.

Rispetto alla fruizione di un'opera d'arte di scultura o pittura esiste un forte spostamento concettuale e formale, nel senso che nella performance l'azione, il processo costituiscono l'opera, svincolata dalla necessità di essere definita in un prodotto finale oggettuale. L'opera può essere fissata e riproposta solo se fotografata o filmata. Oppure nel momento in cui l'azione si ripete.

La performance art si sviluppa come pratica consueta dalla fine degli anni Cinquanta e Sessanta con le azioni di artisti quali Vito Acconci, Hermann Nitsch, Joseph Beuys e con Allan Kaprow, che coniò il termine happening.

Ma secondo la definizione corrente potremmo considerare già performance una serie di azioni messe in atto da artisti delle avanguardie: in particolare Tristan Tzara con le sue letture al Cabaret Voltaire di Zurigo, i Futuristi, Marcel Duchamp. Il processo di realizzazione delle opere di Jackson Pollock potrebbe essere considerato performance.

Kazuo Shiraga, artista del gruppo giapponese Gutai (che significa “volontà di caratterizzare la spiritualità attraverso la materia”) inizia nel 1955 a dipingere direttamente con le mani e i piedi, spesso dondolandosi appeso ad una fune.

In molte delle sue opere Yves Klein usa il corpo suo e di altri come pennelli intrisi nel famoso IKB (International Blu Klein), talvolta di fronte a un pubblico sullo sfondo musicale di una sola nota suonata venti minuti (Monotone Symphonie). Nella famosa opera intitolata Le Vide (Galleria Iris Clert, Parigi, 1958), Klein mise in mostra lo spazio vuoto suscitando nel pubblico una serie di reazioni contrastanti e offrendo durante l'inaugurazione un cocktail blu, colore che rimase a lungo nelle urine dei visitatori a cui era stato servito.

Alcune delle performance più famose di Joseph Beuys ribadiscono il ruolo di sciamano e di mago rivestito dall'artista. In Come spiegare la pittura a una lepre morta (1965, Galleria Schmela, Düsseldorf), l'artista, con il volto coperto d'oro, si aggirava tra alcuni dipinti con una lepre morta in braccio, facendoli toccare all'animale con la zampa. La lepre morta avrebbe compreso meglio i dipinti che non gli uomini con la vista oscurata dai preconcetti. In un'altra nota azione Beuys visse per cinque giorni in gabbia con un coyote cercando di comunicare con esso, assurto a simbolo dell'America scomparsa e della necessità di una riconciliazione con la natura.

La relazione con il pubblico è portata alle estreme conseguenze da Vito Acconci, che ha realizzato una serie di azioni che irritavano e mettevano a disagio i visitatori. Emblematica in tal senso è la performance Seedbed (Galleria Ileana Sonneabend, New York, 1972): l'artista, nascosto sotto ad una piattaforma di legno, e, quasi inseguendo i visitatori che la calpestavano, si masturbava pronunciando frasi quali “devo continuare tutto il giorno, devo coprire il pavimento di sperma”.

Happening, Fluxus, performance, Body art, arte relazionale, sono tutte declinazioni di pratiche artistiche simili; i confini tra queste non possono essere considerati nettamente definiti.

Gli artisti della Body Art utilizzano la performance come modalità espressiva che vede il corpo come protagonista e strumento. Negli anni Sessanta, l' Aktionismus viennese ferisce il corpo (spesso in modo serio, mettendo in pericolo la vita dell'artista), usandolo per sconvolgere lo spettatore, celebrare riti, rappresentare la colpa e la redenzione (si veda l'opera di Herman Nitsch o di Gunter Brus).

Tra le artiste che usano abitualmente la performance come forma espressiva citiamo Marina Abramovic, protagonista con il compagno Ulay e fin dagli anni Settanta di numerose performance che vedevano il corpo come protagonista, utilizzato per rappresentare la complessità del rapporto di coppia e temi legati all'identità.

All'artista è stato assegnato il Leone della critica della Biennale Veneziana del 1996 per la sua performance Balcan Baroque: per tre giorni Marina Abramovic ha grattato e pulito una montagna sanguinolenta di ossa di animale, cantando litanie e lamenti, tra video che celebravano la sua appartenenza ad un paese in quel periodo dilaniato dalle guerre.

Se la performance segue una regia ben definita stabilita essenzialmente dall'artista, l' happening prevede la partecipazione del pubblico in qualità di co-autore.

Allan Kaprow, Robert Whitman, Claes Oldenburg, Red Grooms, Jim Dine sono i più noti autori di happening: per tutti era fondamentale il tentativo di avvicinare la pratica artistica alla vita reale, sottolineando come l'arte dovesse farsi portatrice di valori sociali.

Allan Kaprow dette la prima definizione di happening. In campo musicale John Cage individuava come principale modalità di esecuzione l'accettazione di quanto accade in un tempo e luogo prefissati. L'opera si compone di una serie di eventi, in modo simile a quanto avviene in un collage in termini di materiali e colori, collocati in un ordine temporale. Il pubblico era chiamato ad intervenire agendo da autore oltre che da spettatore. Per il primo happening progettato da Kaprow, “ 18 Happenings in 6 Parts” (New York, Reuben Gallery, 1959), l'artista divise lo spazio in tre sale tramite fogli di plastica trasparente su cui erano incollati oggetti vari e dipinte parole. Sui muri si proiettavano film e diapositive. Il pubblico, sollecitato così da stimoli che coinvolgevano più sensi, era invitato a svolgere varie azioni nei tre spazi.