Denominazione di una delle principali tendenze affermatesi nella pittura e nella
scultura del XX sec. Se ne può fissare l’inizio intorno al 1910, quando
Kandinsky dipinse un acquerello (Parigi, mnam) nel quale viene deliberatamente
soppresso ogni riferimento al mondo esterno. Quasi nello stesso momento la forma
astratta viene teorizzata sul piano estetico: infatti, nel 1908 appare a Monaco
l’opera di Wilhelm Worringer (in origine una tesi di laurea, sostenuta a Berna)
Astrazione e empatia (Abstraction und Einfühlung). Partendo dalla nozione di
Einfühlung, già formulata dalla filosofia tedesca, che esprime una sorta di
comunione tra l’essere umano e il mondo esterno, riflesso di un equilibrio
spirituale,l’autore pensa a uno stato d’animo opposto, dominato dall’angoscia,
di cui le precedenti civiltà avevano già offerto parecchi esempi. Tale stato
d’angoscia si traduce, nel campo artistico, in una tendenza all’a (arte celtica
e irlandese). L’uomo, schiacciato dalla potenza degli dèi o dall’incertezza
della propria esistenza, si distoglie dal reale, che soltanto la forma astratta
può trascendere. Fuori dal campo della filosofia estetica, l’evoluzione stessa
della pittura prepara la comparsa dell’a. Già le teorie cromatiche dei
postimpressionisti avevano dissociato l’oggetto dipinto dal suo colore reale.
Una volta abbandonato il «tono locale», l’impiego del colore diviene sempre piú
libero, fino al trionfo del colore puro, che è la grande conquista dei fauves.
Parallelamente, la struttura del quadro e le forme si modificano secondo lo
stesso spirito. Gauguin, pur forzando i contrasti tonali, inflette le linee
della composizione in nome dell’espressione.
Cézanne sottrae la forma a quanto essa contiene di accidentale. La purezza
geometrica che egli finisce per intravvedere come possibilità di compimento
della pittura, al di là dell’effimero, conduce al cubismo, ove gli oggetti
perdono il loro aspetto reale. Cosí, nel 1910 ca., l’indipendenza della forma si
aggiunge a quella del colore, a detrimento dello spazio tridimensionale,
intelaiatura della visione rinascimentale. La disintegrazione di tale spazio
comporterà, a sua volta, la progressiva dissoluzione dell’oggetto, poi la sua
scomparsa, segnando l’avvento dell’a.
Due dei tre pionieri di questa pittura, Mondrian e Malevi, passeranno infatti
dal cubismo all’a. Il solo Kandinsky resterà indifferente alle ricerche cubiste
e approderà all’a direttamente, attraverso il colore, donde il lirismo delle sue
prime esperienze astratte, a differenza della concezione geometrica che domina
sin dagl’inizi le opere di Malevi e di Mondrian.
Tra il 1910 e il 1920 si assiste alla fioritura di forme astratte nell’opera di
vari artisti. L’americano Arthur Dove realizza nel 1910 alcuni dipinti astratti
molto personali; il russo Larionov lancia nel 1913 il raggismo, movimento
astratto, che resta legato al suo nome e a quello della Gonarova. In Francia,
nel 1913, Delaunay e Léger concepiscono rispettivamente le Forme circolari e i
Contrasti di forme. In tali artisti, peraltro, i tentativi astratti rimangono
occasionali (Delaunay tornerà di nuovo all’a nel 1930). D’altro canto, quando si
osserva l’evoluzione, intorno agli anni ’20, di numerosi artisti di diverse
tendenze (Villon, Klee, Carrà, fino ai dadaisti), non si può mancar di notare in
essi momenti astratti, effimeri ma significativi, nella misura in cui dimostrano
l’interesse generale che l’espressione astratta aveva risvegliato. Ora, anche se
tale atteggiamento ha potuto suscitare opere interessanti, esso non va
assolutamente confuso con quello dei pionieri autentici, che assumono l’a come
impegno formale e teorico, spesso legato a un’etica personale.
Ciascuno di loro sente il bisogno di scrivere: Kandinsky (Lo spirituale
nell’arte, 1912; Punto linea superficie, 1926), Mondrian (numerosi testi su «De
Stijl», dal 1917), Malevi (Die gegenstandslose Welt (Il mondo senza oggetti),
1927, e altri saggi precedenti). In modo piú o meno pronunciato, l’espressione
astratta è per essi non soltanto una rivoluzione visiva, ma un passo avanti
verso un mondo migliore. Tale coscienza d’una missione da compiere, fondamento
dell’a, gli conferisce un carattere peculiare tra i movimenti d’avanguardia.
Agli esordi semplice tendenza, dopo il 1920 viene assumendo man mano l’aspetto
di un movimento, quando l’influsso della forma astratta comincia a manifestarsi
nell’architettura, nella decorazione, nell’arredo, nella tipografia e nell’arte
grafica, ponendo fine allo stile decorativo del primo Novecento. Sotto questo
rispetto la rivista «De Stijl» (1917-32) svolse un ruolo di primo piano. Fondata
da un gruppo di artisti e di architetti raccolti intorno a Mondrian, ebbe come
principale animatore Theo van Doesburg. Con straordinaria energia e capacità di
persuasione, questi intraprese una serie di viaggi e di conferenze attraverso
l’Europa per imporre ai contemporanei la poetica dell’a, che nel suo spirito si
ricollegava alla concezione di Mondrian, quale verrà formulata nel
neoplasticismo.
Le applicazioni pratiche dell’esperienza astratta ebbero origine anche nei
movimenti russi d’avanguardia. In Unione Sovietica, dove, col favore della
rivoluzione, l’avanguardia svolse per un certo tempo il ruolo di arte ufficiale,
si pose con insistenza il problema della realizzazione pratica delle ricerche
astratte, poiché l’arte era chiamata a servire la società. Le esperienze di
Tatlin, promotore della scultura astratta (1914-15), e il costruttivismo che ne
segue (manifesto firmato dagli scultori Gabo e Pevsner nel 1920) sfociano in due
opposte tendenze: la prima (Pevsner e Gabo) prende le parti dell’arte pura,
mentre l’altra (il gruppo raccolto intorno alla rivista «Lef») raccomanda agli
artisti di cessare ogni attività speculativa per ritrovare «le basi sane
dell’arte – il colore, la linea, la materia e la forma – nel campo della realtà,
che è quello della costruzione concreta» (programma dei costruttivisti sovietici
comparso nel primo numero di «Lef», 1923). Ma tale ruolo sociale che l’arte
doveva svolgere, e che avrebbe consentito alla poetica astrattista di conferire
slancio al disegno industriale e all’architettura, si scontrò con la crisi
economica che l’Unione Sovietica attraversava; e l’influsso delle forme nuove si
manifestò quasi esclusivamente nel campo tipografico. Tuttavia, attraverso
l’architetto e pittore suprematista El Lisickij, che aveva subíto fortemente
l’influsso di Malevi, le innovazioni degli artisti russi ebbero prolungamenti in
Germania.
Nell’espansione delle forme astratte tra il 1920 e il 1930 l’attività di El
Lisickij e quella di Van Doesburg, che lavorarono entrambi al Bauhaus unendo la
dinamicità suprematista e il rigore neoplastico, contribuí alla diffusione della
poetica dell’a sul piano pratico.
Parigi, che fino a quel momento era rimasta a margine delle tendenze astratte
vere e proprie, le accoglie nel 1923 quando Léonce Rosenberg organizza nella sua
galleria, L’Effort moderne, una mostra del gruppo De Stijl. Poi, nel 1925,
l’esposizione internazionale delle arti decorative rivela l’esistenza, ovunque
in Europa, di nuove forme nelle quali predomina il rigore funzionale. Nel corso
di questi stessi anni il numero degli artisti conquistati dall’a aumenta
considerevolmente. Hanno luogo importanti mostre di pittura e scultura astratte
a Zurigo (1926, 1929) e a Parigi (Cercle et Carré, 1930). Tale espansione
dell’arte astratta raggiunge il punto culminante col movimento
Abstraction-Création, fondato a Parigi nel 1931, e attivo fino al 1936. Le
mostre internazionali che i suoi membri organizzano annualmente finiscono per
raccogliere oltre 400 artisti (per l’esattezza 416 nella mostra del 1935, di cui
251 francesi). Nel complesso queste imponenti manifestazioni segnano il trionfo
dell’a geometrico. Si tratta tuttavia di una semplice moda, e non di una
fioritura dell’a.
L’unico campo in cui la visione astratta degli anni ’30 scopre possibilità nuove
è quello della pittura murale. Le realizzazioni piú importanti sono i Ritmi
senza fine di Robert Delaunay, la cui convinzione profonda circa il valore
decorativo delle forme astratte appare chiara nei suoi scritti (Du Cubisme à
l’Art abstrait, 1957). Delaunay diviene il difensore principale dell’a in
Francia, e crea il Salon des réalités nouvelles (Gall. Charpentier, 1939), primo
salon dedicato unicamente all’a, che si terrà regolarmente ogni anno a partire
dal 1946. Un altro fatto significativo è il tentativo degli artisti di
denominare l’a «arte concreta». Nella convinzione che le loro opere esprimessero
il fondo stesso della realtà, ritengono che sarebbe piú esatto denominarle
«concrete». Van Doesburg lancia la rivista «Art concret » (aprile 1930), di cui
uscirà un unico numero; ma il termine resterà associato all’a essenzialmente
geometrico del periodo 1930-40.
L’astrattismo dopo il 1945
Dopo la seconda guerra mondiale, l’espressione astratta muta radicalmente di
aspetto e d’intenzioni. Accanto alla tendenza puramente geometrica, che intorno
al 1950 conobbe grande successo in Francia (Vasarely), e tranne alcuni artisti
che giungono a una visione personale attenuando il rigore geometrico (Poliakoff),
compaiono altre forme di a che non si riallacciano piú alle origini dell’arte
astratta. Se in passato l’a era il risultato d’una costruzione meditata,
progressivamente messa a punto, esso acquisisce ormai per taluni pittori un
valore soprattutto espressivo (Hartung, Soulages): atteggiamento che conduce
pure all’a calligrafico o al tachisme (Sam Francis); o anche a un a ambiguo (Wols),
che è stato chiamato «informale».
Tutte queste opere mirano a un’espressione totale e immediata di quanto
l’artista reca in sé di piú profondo. A tale livello, crolla la barriera tra a e
figurazione, e assai spesso il pittore sente il bisogno di trasgredire i mezzi
tradizionali, servendosi di una materia che la tecnica corrente della pittura
esclude (Fautrier). Il caso piú significativo di tale nuova tendenza dell’a è
stato, negli Stati Uniti, quello di Jackson Pollock. Reagendo, in una sorta di
furia pittorica, alla lentezza esecutiva che la pittura esige, egli approda nel
1947 al dripping, procedimento ove non gli occorre piú il pennello, perché egli
impiega colori industriali (duco, vernice d’alluminio), che lascia direttamente
colare dal tubetto sulla sua tela posata piatta a terra. Il quadro si compone
cosí unicamente di queste strisce di colore, sovrapposte in tutti i sensi, da
lui ottenute spostandosi intorno e sopra alla tela col tubetto in mano.
Tale forma espressiva, che poggia sul gesto, adottata in modo piú o meno
esclusivo da numerosi artisti americani ed europei, è nota col nome di Action
Painting e caratterizza al massimo grado la libertà di concezione e la
spontaneità d’esecuzione che contraddístinguono l’a nel dopoguerra. Una tale
apertura della sensibilità può accostarsi alle concezioni pittoriche della Cina
e del Giappone antichi, dai quali per altro alcuni artisti (Tobey, Julius
Bissier) avevano già tratto sin dagli anni ’30 un insegnamento. Ma per definire
tali forme, la ripartizione tradizionale tra a e figurazione non basta piú; il
numero degli artisti puramente astratti è, nel complesso, piuttosto ridotto. Ben
piú numerosi sono quelli che sono stati astratti durante una fase della propria
evoluzione (De Staël), ma vi sono soprattutto coloro che il grande pubblico
vorrebbe considerare tali (Vieira da Silva, Manessier, Bazaine) perché i loro
dipinti non rappresentano nulla di «riconoscibile», mentre astratti non sono
affatto.
Durante gli anni ’60 la comparsa della Pop’Art nei paesi anglosassoni, seguita
in Francia dalla Nouvelle Figuration, segna una reazione contro l’a in generale
e piú particolarmente contro il soggettivismo estremo di taluni pittori
astratti. Se l’a non occupa piú il centro dell’attualità, non cessa peraltro di
esistere. Negli Stati Uniti s’impone cosí, verso il 1965, la Minimal Art, che
all’opposto dell’espressionismo astratto evita ogni ridondanza e insiste sulla
semplicità fondamentale dei mezzi visivi. Le ricerche principali riguardano
l’azione percettiva del colore steso piatto sulla superficie della tela (Barnett
Newman). Tale posizione limite dell’a, ove la nozione stessa di forma sfuma (Ad
Reinhardt), non manca di rammentare alcune esperienze di Malevi, in particolare
le forme bianche su fondo bianco.
Astrattismo geometrico
Benché l’elemento geometrico sia stato parte integrante della maggior parte
delle prime manifestazioni dell’arte astratta, e abbia persino costituito il
principio essenziale di talune concezioni estetiche, come il neoplasticismo di
Mondrian e dei suoi emuli di «De Stijl» o il costruttivismo russo, condizionando
piú tardi il rigore dell’arte concreta non oggettiva, l’espressione distintiva
«a geometrico» è stata impiegata soltanto quando la giovane scuola di Parigi,
dopo il 1945, rifiutando le costrizioni della geometria, se ne distaccò per
abbandonarsi alle licenze dell’espressione lirica (a lirico), compresi i facili
approdi di un naturalismo astratto. Eclissata per un istante, l’arte astratta
geometrica trovò presto peraltro nuove giustificazioni e altri sviluppi nelle
varie proposte dell’arte cinetica, per influsso di Vasarely, e nelle ricerche
spaziodinamiche orientate da Nicolas Schöffer, sfociando nei prolungamenti
internazionali dell’Art visuel, del luminocinetismo e dell’Op’Art. Tutte queste
realizzazioni riguardano piú il volume, la spazialità e i fenomeni ambientali
che la superficie, e non è quasi consentito, nei loro riguardi, parlare di
pittura. Parallelamente si sono affermate negli Stati Uniti, durante gli anni
’60, le nuove forme e strutture della Minimal Art.
Astrattismo lirico
Espressione impiegata per designare, in contrapposizione all’a geometrico o
costruttivista, la tendenza all’espressione diretta dell’emozione individuale.
Tale libertà del linguaggio visivo si era già manifestata in Kandinsky con le
«improvvisazioni» e «composizioni» del suo primo periodo drammatico (1910-114),
benché egli subito s’impegnasse a svilupparne le leggi. La volontà
dell’espressione pura e libera si afferma pure in Hartung, sin dai suoi esordi
nel 1920-21 (disegni e acquerelli). Ma fu verso il 1947, nella giovane
generazione della scuola di Parigi del dopoguerra, che l’opposizione alle
costrizioni geometriche si generalizzò; si sviluppò allora, con diversi aspetti,
una forte corrente di a lirico. Vi si possono riallacciare l’itinerario amorfico
dell’informale (che accoglie anche pittori figurativi), l’espressione
calligrafica della pittura gestuale e soprattutto, tenendo conto della
confusione creata da una certa volgarizzazione, la grande voga, del tachisme,
esplosa nel 1954.
Italia
La tendenza astratta si afferma in Italia nel corso degli anni ’30, anche se la
sua prima apparizione si può scorgere nelle opere e nella pubblicistica dei
futuristi. Infatti già Boccioni nel 1910 formula in una lettera per la prima
volta l’ipotesi di «arte astratta italiana» e, piú decisamente nel Manifesto
della Ricostruzione Plastica dell’Universo del 1915, Balla e Depero parlano di
stile futurista come «astrattismo complesso plastico-rumorista». Intorno al 1913
Boccioni tenta di realizzare le proprie ipotesi di resa dinamica ed emozionale
dell’immagine in quadri quasi interamente non figurativi;
Balla nelle Compenetrazioni iridiscenti del 1912-13 raggiunge il massimo approdo
in senso astratto del futurismo. Coeva a queste è l’esperienza di A. Magnelli
che, a Parigi, inizia una coerente ricerca non-figurativa. A partire dagli anni
’20, gli artisti del Secondo futurismo – Balla, Prampolini, Pannaggi, Depero,
Fillia, Oriani, Rosso, ecc. – ricercano soluzioni vicine alle tendenze astratte
soprattutto nell’ambito dell’arredo e della decorazione mentre la pubblicazione
di numerose riviste del movimento contribuisce alla diffusione in Italia delle
opere degli artisti delle avanguardie astratte.
Ma è soprattutto in Lombardia negli anni ’30 che matura la tradizione astratta
italiana attraverso due gruppi di artisti operanti a Como e a Milano. A Como, in
sintonia con le ricerche razionaliste degli architetti Terragni, Lingeri e
Cattaneo, lavorano pittori come Rho e Radice che pervengono a notevoli risultati
soprattutto nelle decorazioni di edifici (Casa del Fascio, Como, 1934-36). A
Milano la Gall. Il Milione (aperta nel 1930 da Gino e Peppino Ghiringhelli e
inizialmente diretta da E. Persico), dopo la prima personale astratta di Soldati
(1933), presenta nel 1934 una collettiva con opere di Bogliardi, Ghiringhelli e
Reggiani che fornisce l’occasione per pubblicare una Dichiarazione degli
espositori considerata il primo manifesto dell’a italiano. A queste due seguono
una serie di mostre di Licini, Soldati, Veronesi, Melotti. Il Milione diventa in
breve il centro delle esperienze astratte italiane, che procedono sulla linea di
ricerca del Bauhaus e del costruttivismo russo. In quest’ambito non è possibile
assimilare in un movimento unitario tutti gli artisti poiché alcuni si
avvicinano alle tendenze di tipo espressionista che prendono spunto da Kandinsky
e Klee (è il caso di Licini, Fontana, Melotti), altri al rigore geometrico e
alla semplificazione formale piú razionale, tipica di Mondrian e del
razionalismo in genere (Reggiani, Soldati, Radice). È ovvio che la conoscenza
delle opere degli astrattisti europei agisce da forte stimolo su questi artisti:
i viaggi, la circolazione di riviste straniere, le mostre organizzate al Milione
(nel 1934 espongono Kandinsky, Vordenberge-Gildewart e Albers) favoriscono
questi contatti.
La generale aspirazione a realizzare un’arte intesa come simbolo di un nuovo
ordine e di una nuova razionalità senza fini illustrativi e cronachistici è
teorizzata da Carlo Belli (uno dei fondatori del Milione), autore nel 1935 di KN,
il primo testo teorico sull’a italiano. Intanto gli artisti operanti nell’ambito
di questa tendenza trovano sempre maggiore spazio in seno alle manifestazioni
della cultura ufficiale (partecipano infatti alle quadriennali del 1935 e del
1939) e sullo scorcio del decennio riescono a superare la polemica
esistenzialista che li oppone agli espressionisti di Corrente.
Dopo il 1945 la questione dell’astrattismo si viene a porre come questione
centrale dell’arte contemporanea diventando, in breve, una componente che si
oppone al discorso antitetico del realismo. Dalla fondazione del Fronte Nuovo
delle Arti (Venezia 1946) alla polemica suscitata dalla mostra all’Alleanza
della Cultura di Bologna (1948) attraverso il manifesto di Forma 1 (Roma 1947),
è un susseguirsi di eventi in cui l’alternativa astratto-figurativo travalica la
questione puramente formale ed estetica e investe il problema piú vasto dei
rapporti tra arte e società, e arte e politica. Intanto la fondazione a Roma
dell’Art Club (1945), guidata da Prampolini e indirizzata tanto sul fronte della
divulgazione che della formazione dei giovani astrattisti romani, e la grande
mostra Arte astratta e concreta, allestita a Milano nelle sale di Palazzo reale
(1947-48), sono le tappe fondamentali per l’articolazione della poetica astratta
che risulta ancora in questa fase fortemente legata alle esperienze
geometrico-razionaliste degli anni ’30.
L’Art Club nel 1948 organizza la mostra Arte astratta in Italia (Roma, Gall. di
Roma) dove espongono insieme ad alcuni maestri degli anni ’30 i giovani
astrattisti romani che andavano riscoprendo e rivalutando il futurismo. In
parallelo a questi avvenimenti la capillare estensione della tendenza astratta
in Italia è testimoniata dalla fondazione di numerosi gruppi operanti in diverse
città (Gruppo 7 a La Spezia; Manifesto dell’astrattismo classico redatto a
Firenze nel 1950) e dalla ripresa a Milano, con l’appoggio del critico Gillo
Dorfles, del gruppo astratto tramite la fondazione del Mac, che estende ben
presto la sua influenza a diverse città italiane.
Sul piano critico, mentre si moltiplicano gli interventi, a vari livelli, sulla
polemica astratto-figurativo, Lionello Venturi nel presentare alla Biennale di
Venezia del 1952 il Gruppo degli Otto parla di astratto-concreto, indicando cosí
il superamento dell’estetica di origine neoplastica. Sullo scorcio del decennio,
particolarmente significative sono le esperienze degli spazialisti a Milano (1o
manifesto 1948), mentre a Roma viene fondato il Gruppo Origine (1950) formato da
Capogrossi, Ballocco, Burri e Cagli. Questi ultimi pervengono singolarmente a
soluzioni affatto originali per l’arte astratta, aprendo la porta alle ricerche
informali degli anni ’50.