5/12/2020

Hieronymus Bosch (Joren Anthoniszoon van Aeken, detto) (Bois-le-Duc 1453?-1516)

La sua famiglia, originaria forse di Aquisgrana, si era stabilita a Bois-le-Duc da almeno due generazioni. Il nonno Jan e il padre, Anton van Aken, esercitavano il mestiere di pittore. È noto che nel 1481 B era sposato con Aleyt, figlia dell’agiato borghese Goyarts van der Mervenne, dalla quale non ebbe figli. Dal 1486 in poi è citato come membro della confraternita della Vergine, ma la sua appartenenza a questo gruppo religioso non consente, sembra, di spiegare le fonti della sua ispirazione. Le rare menzioni di incarichi conferiti all’artista (nel 1488-89, ante di un polittico scolpito per la confraternita della Vergine; nel 1504, Giudizio universale per Filippo il Bello) non hanno potuto ricollegarsi a opere note. La sua evoluzione stilistica è stata ricostruita da Charles de Tolnay solo grazie ad ipotesi fondate sull’analisi delle opere.


I dipinti piú antichi di Bosch (Cristo in croce: Bruxelles, mrba; due versioni dell’Ecce Homo: Francoforte, ski, e Boston, mfa) non si distinguono troppo per originalità, benché l’artista vi introducesse personaggi dalle facce quasi caricaturali. I Peccati mortali (Madrid, Prado) illustrano un tema meno comune, con una bizzarria che rivela l’ispirazione popolare. Ogni episodio viene sviluppato al modo di una scena di genere, ove l’accento cade non sugli accessori, ma sugli atteggiamenti umani. La medesima vena compare nelle Nozze di Cana (Rotterdam, bvb), peraltro piú ricche di elementi allegorici, e soprattutto nella Morte dell’avaro (Washington, ng) e nella Nave dei folli (Parigi, Louvre). Quest’ultima opera è forse la prima illustrazione conosciuta di un tema caro a B; presuppone un atteggiamento essenzialmente critico e morale, quello della follia umana che trascura l’insegnamento di Cristo. Si tratta inoltre del piú antico pannello eseguito con una tecnica di un brio sorprendente, che si sovrappone a un preciso disegno, spesso leggibile attraverso i sottili strati pittorici, e che caratterizza i personaggi con pochi colpi di pennello o leggeri e suggestivi impasti: già Van Mander osservava che B dipinge «di getto». A questo primo gruppo di opere possono accostarsi: quattro pannelli rappresentanti il Paradiso e l’Inferno (Venezia, Palazzo ducale, menzionati nel 1521 nella collezione del cardinal Grimani), interpretazioni di leggende medievali sull’aldilà, vicine al pensiero dei mistici; due dipinti sul tema del Diluvio e dell’Inferno (Rotterdam, bvb), sul cui rovescio figurano quattro scene il cui senso rimane oscuro; infine, un Cristo che porta la croce (Vienna,km).

Alla fase principale dell’attività di B vanno ricondotti i grandi trittici ricercati da Filippo II di Spagna. Il Carro di fieno (Madrid, Prado) sviluppa il tema della follia umana. Il peccato originale e l’inferno, rappresentati sulle ante, inquadrano una scena misteriosa la cui interpretazione nei particolari resta tuttora incerta. L’associarsi di figure realistiche e pittoresche a creature immaginarie e diaboliche domina l’intera composizione, e sarà ormai caratteristico dell’arte di B.

La creazione di mostri è realizzata con inesauribile fantasia e un notevole senso di verosimiglianza anatomica. La Tentazione di sant’Antonio (Lisbona, maa), che tanto colpí la fantasia di Flaubert, è tra le opere giustamente piú famose e piú enigmatiche del pittore. Gli episodi della Leggenda dorata vengono sviluppati con straordinaria vitalità fantastica. Ogni dettaglio implica, a quanto sembra, sottili allegorie, ma il tema essenziale resta pur sempre la lotta tra il Bene e il Male. I rovesci delle ante hanno per temi la Cattura di Cristo e Cristo che porta la croce con la morte di Giuda: vale a dire, la caduta di un apostolo è associata alla sofferenza del Salvatore per l’umanità. Il Giudizio universale di Vienna (Akademie) è senza dubbio un’opera in parte ridipinta, o un’antica replica che tratta con ampiezza un soggetto tradizionale. Il Giardino di delizie (Madrid, Prado), opera maggiore dell’artista, ha suscitato i commenti piú diversi. Sul rovescio delle ante è raffigurata la creazione del mondo, con una visione di possente poesia, ove gli elementi si separano in un globo emergente dall’oscuro nulla. Aperto, il trittico presenta, tra il Paradiso e l’Inferno, il Giardino di delizie: paesaggio fantastico, prodigioso groviglio di corpi nudi, talvolta associati a coppie, talvolta contrapposti in gruppi e accompagnati da gigantesche forme vegetali e bestie singolari. In base a una minuziosa analisi, si è tentato di affermare l’appartenenza di B a una setta «adamitica», la cui esistenza alla fine del XV sec. è ben lungi dall’essere dimostrata. È piú verosimile che il pannello centrale sia dedicato alla tentazione e alla decadenza umana, generati dai piaceri dei sensi e della lussuria. I frutti giganteschi sono simboli sessuali e ricordano la definizione che nel 1576 Siguenza dava di quest’opera: «Il quadro della vana gloria e del gusto della fragola o della melagrana, gusto che, appena lo si avverte, è già passato». Un frammento della rappresentazione dell’Inferno (Monaco, ap), il cui stile si apparenta a quello del Giardino di delizie, è forse un frammento del Giudizio universale dipinto per Filippo il Bello nel 1504.

Una serie di opere con personaggi grandi, dedicate soprattutto a santi, si riconnette anch’essa a questo gruppo fondamentale. Il San Giovanni a Patmos (Berlino-Dahlem) è notevole per la qualità del paesaggio: le transizioni di colore, care ai primitivi, sottolineano ulteriormente il relativo allontanarsi dei piani; e peraltro si tratta di una veduta realistica di paesaggio olandese, senza alture notevoli e dominato dall’acqua. Qualità analoghe si riscontrano nel San Girolamo in preghiera (Gand, mba), che rappresenta in modo ancor piú appassionato l’abbandono alla comunione mistica. I due trittici di Palazzo ducale a Venezia (Altare degli eremiti e Trittico di santa Giulia) sono sfortunatamente assai rovinati. Vanno assegnati alla stessa serie un San Cristoforo (Rotterdam, bvb), un San Giovanni Battista nel deserto (Madrid, Museo Lázaro Galdiano) e un Sant’Antonio (Madrid, Prado), ove il paesaggio è nettamente dominato da alberi rigogliosi.

Gli ultimi anni della produzione del pittore sono ancora illuminati da alcuni grandi capolavori. Il Cristo che porta la croce (Gand, mba) è costituito da un mosaico ammaliante di volti, da cui emergono, per la loro isolata purezza, quelli di Cristo e di santa Veronica. L’Adorazione dei magi del Prado associa, in un paesaggio analogo a quello del San Giovanni di Berlino-Dahlem, il mondo divino del Vangelo e quello della fantasia, per sottolineare la presenza del Male che si aggira intorno al Salvatore.

Il Figliol prodigo (Rotterdani, bvb) è forse, sul piano piú propriamente pittorico, l’opera piú bella di B, per la poesia delle sue armonie di marroni e di grigi ravvivati da alcune tonalità rosso pallido, e contiene un’indimenticabile figura di vagabondo inquieto. Una recente interpretazione scorge in quest’opera l’immagine del «venditore ambulante», allegoria a sua volta del «figlio di Saturno», vale a dire di uno dei quattro «umori» dell’umanità, la malinconia.

L’opera di B ha portata eccezionale nell’arte del suo tempo per il suo senso del mistero e la ricchezza d’invenzione iconografica. Essenzialmente il suo orientamento appare dettato da un impegno morale, e va collocato entro un ambiente religioso in piena evoluzione, animato dal movimento della Devotio moderna. Le composizioni di B sono state spesso copiate e imitate persino mentre egli era ancora in vita, e nel secolo seguente.