La sua famiglia, originaria forse di Aquisgrana, si era stabilita a Bois-le-Duc
da almeno due generazioni. Il nonno Jan e il padre, Anton van Aken, esercitavano
il mestiere di pittore. È noto che nel 1481 B era sposato con Aleyt, figlia
dell’agiato borghese Goyarts van der Mervenne, dalla quale non ebbe figli. Dal
1486 in poi è citato come membro della confraternita della Vergine, ma la sua
appartenenza a questo gruppo religioso non consente, sembra, di spiegare le
fonti della sua ispirazione. Le rare menzioni di incarichi conferiti all’artista
(nel 1488-89, ante di un polittico scolpito per la confraternita della Vergine;
nel 1504, Giudizio universale per Filippo il Bello) non hanno potuto
ricollegarsi a opere note. La sua evoluzione stilistica è stata ricostruita da
Charles de Tolnay solo grazie ad ipotesi fondate sull’analisi delle opere.
I dipinti piú antichi di Bosch (Cristo in croce: Bruxelles, mrba; due versioni
dell’Ecce Homo: Francoforte, ski, e Boston, mfa) non si distinguono troppo per
originalità, benché l’artista vi introducesse personaggi dalle facce quasi
caricaturali. I Peccati mortali (Madrid, Prado) illustrano un tema meno comune,
con una bizzarria che rivela l’ispirazione popolare. Ogni episodio viene
sviluppato al modo di una scena di genere, ove l’accento cade non sugli
accessori, ma sugli atteggiamenti umani. La medesima vena compare nelle Nozze di
Cana (Rotterdam, bvb), peraltro piú ricche di elementi allegorici, e soprattutto
nella Morte dell’avaro (Washington, ng) e nella Nave dei folli (Parigi, Louvre).
Quest’ultima opera è forse la prima illustrazione conosciuta di un tema caro a
B; presuppone un atteggiamento essenzialmente critico e morale, quello della
follia umana che trascura l’insegnamento di Cristo. Si tratta inoltre del piú
antico pannello eseguito con una tecnica di un brio sorprendente, che si
sovrappone a un preciso disegno, spesso leggibile attraverso i sottili strati
pittorici, e che caratterizza i personaggi con pochi colpi di pennello o leggeri
e suggestivi impasti: già Van Mander osservava che B dipinge «di getto». A
questo primo gruppo di opere possono accostarsi: quattro pannelli rappresentanti
il Paradiso e l’Inferno (Venezia, Palazzo ducale, menzionati nel 1521 nella
collezione del cardinal Grimani), interpretazioni di leggende medievali
sull’aldilà, vicine al pensiero dei mistici; due dipinti sul tema del Diluvio e
dell’Inferno (Rotterdam, bvb), sul cui rovescio figurano quattro scene il cui
senso rimane oscuro; infine, un Cristo che porta la croce (Vienna,km).
Alla fase principale dell’attività di B vanno ricondotti i grandi trittici
ricercati da Filippo II di Spagna. Il Carro di fieno (Madrid, Prado) sviluppa il
tema della follia umana. Il peccato originale e l’inferno, rappresentati sulle
ante, inquadrano una scena misteriosa la cui interpretazione nei particolari
resta tuttora incerta. L’associarsi di figure realistiche e pittoresche a
creature immaginarie e diaboliche domina l’intera composizione, e sarà ormai
caratteristico dell’arte di B.
La creazione di mostri è realizzata con inesauribile fantasia e un notevole
senso di verosimiglianza anatomica. La Tentazione di sant’Antonio (Lisbona, maa),
che tanto colpí la fantasia di Flaubert, è tra le opere giustamente piú famose e
piú enigmatiche del pittore. Gli episodi della Leggenda dorata vengono
sviluppati con straordinaria vitalità fantastica. Ogni dettaglio implica, a
quanto sembra, sottili allegorie, ma il tema essenziale resta pur sempre la
lotta tra il Bene e il Male. I rovesci delle ante hanno per temi la Cattura di
Cristo e Cristo che porta la croce con la morte di Giuda: vale a dire, la caduta
di un apostolo è associata alla sofferenza del Salvatore per l’umanità. Il
Giudizio universale di Vienna (Akademie) è senza dubbio un’opera in parte
ridipinta, o un’antica replica che tratta con ampiezza un soggetto tradizionale.
Il Giardino di delizie (Madrid, Prado), opera maggiore dell’artista, ha
suscitato i commenti piú diversi. Sul rovescio delle ante è raffigurata la
creazione del mondo, con una visione di possente poesia, ove gli elementi si
separano in un globo emergente dall’oscuro nulla. Aperto, il trittico presenta,
tra il Paradiso e l’Inferno, il Giardino di delizie: paesaggio fantastico,
prodigioso groviglio di corpi nudi, talvolta associati a coppie, talvolta
contrapposti in gruppi e accompagnati da gigantesche forme vegetali e bestie
singolari. In base a una minuziosa analisi, si è tentato di affermare
l’appartenenza di B a una setta «adamitica», la cui esistenza alla fine del XV
sec. è ben lungi dall’essere dimostrata. È piú verosimile che il pannello
centrale sia dedicato alla tentazione e alla decadenza umana, generati dai
piaceri dei sensi e della lussuria. I frutti giganteschi sono simboli sessuali e
ricordano la definizione che nel 1576 Siguenza dava di quest’opera: «Il quadro
della vana gloria e del gusto della fragola o della melagrana, gusto che, appena
lo si avverte, è già passato». Un frammento della rappresentazione dell’Inferno
(Monaco, ap), il cui stile si apparenta a quello del Giardino di delizie, è
forse un frammento del Giudizio universale dipinto per Filippo il Bello nel
1504.
Una serie di opere con personaggi grandi, dedicate soprattutto a santi, si
riconnette anch’essa a questo gruppo fondamentale. Il San Giovanni a Patmos (Berlino-Dahlem)
è notevole per la qualità del paesaggio: le transizioni di colore, care ai
primitivi, sottolineano ulteriormente il relativo allontanarsi dei piani; e
peraltro si tratta di una veduta realistica di paesaggio olandese, senza alture
notevoli e dominato dall’acqua. Qualità analoghe si riscontrano nel San Girolamo
in preghiera (Gand, mba), che rappresenta in modo ancor piú appassionato
l’abbandono alla comunione mistica. I due trittici di Palazzo ducale a Venezia
(Altare degli eremiti e Trittico di santa Giulia) sono sfortunatamente assai
rovinati. Vanno assegnati alla stessa serie un San Cristoforo (Rotterdam, bvb),
un San Giovanni Battista nel deserto (Madrid, Museo Lázaro Galdiano) e un
Sant’Antonio (Madrid, Prado), ove il paesaggio è nettamente dominato da alberi
rigogliosi.
Gli ultimi anni della produzione del pittore sono ancora illuminati da alcuni
grandi capolavori. Il Cristo che porta la croce (Gand, mba) è costituito da un
mosaico ammaliante di volti, da cui emergono, per la loro isolata purezza,
quelli di Cristo e di santa Veronica. L’Adorazione dei magi del Prado associa,
in un paesaggio analogo a quello del San Giovanni di Berlino-Dahlem, il mondo
divino del Vangelo e quello della fantasia, per sottolineare la presenza del
Male che si aggira intorno al Salvatore.
Il Figliol prodigo (Rotterdani, bvb) è forse, sul piano piú propriamente
pittorico, l’opera piú bella di B, per la poesia delle sue armonie di marroni e
di grigi ravvivati da alcune tonalità rosso pallido, e contiene
un’indimenticabile figura di vagabondo inquieto. Una recente interpretazione
scorge in quest’opera l’immagine del «venditore ambulante», allegoria a sua
volta del «figlio di Saturno», vale a dire di uno dei quattro «umori»
dell’umanità, la malinconia.
L’opera di B ha portata eccezionale nell’arte del suo tempo per il suo senso del
mistero e la ricchezza d’invenzione iconografica. Essenzialmente il suo
orientamento appare dettato da un impegno morale, e va collocato entro un
ambiente religioso in piena evoluzione, animato dal movimento della Devotio
moderna. Le composizioni di B sono state spesso copiate e imitate persino mentre
egli era ancora in vita, e nel secolo seguente.