La teoria piú plausibile fa risalire questo termine al pre-ellenico labrys «doppia
ascia», il simbolo rituale della Creta minoica. Esso si riferiva,
originariamente, al palazzo di Knosso («Casa dell’ascia doppia»), poi passò ad
altri ed. dalle piante similmente tortuose. Tra questo ed altri l. Plinio
menziona quello d’Egitto, una delle «sette meraviglie» del mondo antico (il
tempio gigante di Amenemhet III di fronte alla piramide presso Hamara, c 2300 aC).
Il termine si estese poi a tutte le arch., case, giardini, decorazioni (meandro;
rocaille) e manifestazioni figurative che esprimessero il lungo vagare. Sono
state particolarmente inclini ad impiegarlo le epoche e le civiltà che
prediligevano il simbolismo numerico e lo schematismo geometrico: l’antico
Egitto, la Grecia ellenistica, il Gotico (le cattedrali di Chartres,
Sens ed Amiens), il Manierismo, il Barocco e persino il Movimento Moderno. A
contrasto con gli es. relativamente rari di arch. effettivamente costruite su
piante labirintiche (ad es. il dedalo del tholos di Epidauro, le rampe di scale
nel tempio di Apollo a Dydima), molte sono state le fantasie di architetti,
pittori e designers (piranesi, ledoux, gaudí, poelzig, scharoun ecc.) su questo
motivo.
A differenza dei l. per la maggior parte simmetrici dell’antichità e del
Medioevo, i cui intricati andirivieni conducevano però inevitabilmente a
un’uscita, il Manierismo introdusse vera e propria confusione, e persino
intrappolamenti, mediante bivi e passaggi morti. Il l. godette di grande
popolarità anche successivamente: rari erano i parchi che, in uno dei molti
boschetti, non avessero un dedalo. Il l. costituí poi, spessissimo, un elemento
di decorazione.