Nell’archeologia americana, il termine denota quella parte dell’America centrale
abitata dai popoli Nahua e Maya in epoca precolombiana. Si estende dalla linea
formata dai fiumi Rio Panuco - Rio Lerma - Rio Sinaloa nel Messico a nord, fino
al Rio Uloa (Honduras) e al Rio Jiboia (El Salvador) nel sud, comprendendo vasti
tratti del Messico attuale, tutto il Guatemala e l’Honduras britannico, parte di
El Salvador e l’Honduras occ. sp.
L’antico Messico viene generalmente suddiviso in sei province che hanno avuto
una cultura propria: la costa sudor. del Golfo, patria degli Olmechi all’epoca
della conquista sp., la fascia centrale della costa, patria dei Totonachi; la
costa sett. del Golfo, sede degli Huaxtechi, l’ovest e il nord-ovest, abitato
dai Tarascán all’epoca della «Conquista»; le valli montane di Messico e di
Puebla che successivamente produssero le civiltá di Teotihuacán e di Tula (Toltechi),
e dei Chicimechi e degli Aztechi; e gli altipiani Oaxaca a sud, occupati dagli
Zapotechi e dai Mixtechi.
Il territorio Maya è divisibile nelle tre seguenti regioni archeologiche: gli
altipiani del Guatemala e le adiacenti zone montagnose di El Salvador a sud, la
spianata centrale a nord e a nord-ovest della prima, il cui nucleo abbraccia il
distretto di Petén nel Guatemala, parti contigue dell’Honduras britannico e lo
stato del Chiapas in Messico e la regione sett., consistente della penisola
dello Yucatán, la maggior parte del Campeche e il territorio di Quintana Roo.
I periodi delle grandi civiltà m. sono: 1. epoca pre-classica o formativa, detta
pure epoca arcaica, tra il 2000 aC e il 300 dC; 2. epoca classica, dal 300 al
900 dC; 3. epoca post-classica, dal 900 c al 1520. Ciascuno di questi tre
periodi presenta una fase iniziale e una finale, e talvolta una fase intermedia.
L’elemento che riassume l’arch. m., anzi l’arch. dell’America precolombiana
nella sua interezza, è la piramide. Sia la forma che il fine di essa
differiscono da quelli della piramide egizia, in quanto qui si tratta invece di
una piramide gradonata tronca; i templi ed altari posti sulla piattatorma
superiore sono per la maggior parte scomparsi, sia perché fossero realizzati in
materiali deperibili, sia perché distrutti dai conquistatori sp. Molte piramidi
servivano contemporaneamente come sepolture, anche se non era questo il loro
fine originario come invece accade in Egitto. Le piramidi m. erano piuttosto
sostitutive di alture naturali – ed è questo il motivo del fatto che la base ne
fu, in principio, circolare o ovale, e solo piú tardi quadrangolare – ed erano
rappresentazioni del cielo, concepite come sede montana degli dei, in modo
alquanto simile alle ziqqurat dell’ant. Mesopotamia. Ornamento principale del
sacrario sulla piattaforma delle piramidi azteche era, pertanto, il fregio del «cielo
stellato»: varie fasce di spicchi emisferici di pietra imbiancata a calce,
inseriti in un pannello scuro rettangolare ribassato entro il tetto. Pure
peculiare della piramide m. è l’uso della «ricostruzione»: vale a dire, a
intervalli di tempo regolari, per solito di 52 anni (la data del rinnovamento
del mondo secondo il calendario cerimoniale), l’antica piramide-tempio veniva
ricoperta da una nuova struttura sacra.
Altro elemento fondamentale era la piazza del gioco sacro della palla, spesso
collegata alla piramide: un ambiente aperto rettangolare, scavato nel terreno o
cinto da un muro con bastioni o piattafonne che si proiettano verso l’interno
dai lati lunghi in modo da lasciar libero uno stretto passaggio, cosí che il
campo da gioco visto dall’alto ricorda una I maiuscola, o una doppia T. Nei
cortili maya, zapotechi e totonachi i bastioni scendevano obliqui verso
l’interno; in quelli aztechi, mixtechi e toltechi erano verticali, e sostenevano
ampi anelli in pietra inseriti verticalmente nella muratura, al centro del lato
lungo, attraverso i quali la palla doveva passare con un tiro maestro. Il gioco
della palla non era semplicemente sport ma era investito di simbolismo religioso.
Quanto alle residenze, occorre notare che, in quasi tutti i complessi arch. e
centri di culto cui qui si fa riferimento, una cintura di ed. d’abitazione
circondava il nucleo del santuario.
All’inizio del primo millennio aC esistevano già piramidi coniche in pietra
alluvionale nella spianata di Petén (Guatemala), mentre La Venta, sulla costa
sud-or. del Golfo del Messico, risalente al periodo formativo medio (tra l’800 e
il 400 aC) è il primo luogo che presenti la planimetria e le dimensioni di un
centro cerimoniale, con un’elevazione di 32 metri per una piramide di terra e
adobe, a sezione approssimativamente quadrata e posta al centro. La piazza a
nord di questa piramide principale presenta un recinto rettangolare (50 × 60 m)
formato da pilastri ravvicinati di colonne di basalto naturale. All’ingresso del
lato sud di questa palizzata di pietra, un mosaico di lastre serpentine sul
pavimento di un fossato configura un muso di giaguaro. È questa la prima
manifestazione su larga scala di scultura; in pietra riferibile al culto m. del
giaguaro, cui effettivamente La Venta apparteneva.
Le piazze tra le piramidi di terra sono cosparse di altari e stele colossali che
recano rilievi, figure umane scolpite a tutto tondo e, cosa singolarissima,
teste colossali isolate su basamenti di pietra. La cultura di La Venta, con la
quale si inizia l’epoca delle civiltà m., esercitò influssi assai ampi su tutti
i territori circostanti; viene associata generalmente, ma non irrefutabilmente,
al popolo olmeco.
Similmente si tenta di connettere i Totonachi della fascia media della costa del
Golfo con la cultura ElTajin, cosí denominata dalle sue importantissime rovine
presso Papantla. Nel suo senso piú ristretto, il terminc «tajin» (che vale «lampo»
in lingua totonaca) si riferisce ad una piramide a sette gradoni su base
rettangolare (25 × 35 m, altezza 25 m). La peculiarità di questo ed. consiste
nelle lastre di roccia sedimentaria che coprono le pareti esterne, e nelle 364
piccole nicchie quadrate inserite nelle fasce verticali dei gradini, con una
cornice aggettante in pietra che le sovrasta il decorso della vasta scalinata è
interrotto cinque volte, al centro, da aggetti di finestra tipo abbaino,
ciascuno dotato di tre nicchie.
I templi degli Huaxtechi, linguisticamente connessi ai Maya, sulla costa sett.
del Golfo differiscono notevolmente dagli altri templi nel Messico a causa della
loro forma rotonda. Per influenza huaxteca, le costruzioni circolari trovano
ambiente favorevole nel resto del Messico e tra i Maya alla svolta del primo
millennio dC. Sono state associate alla diffusione del culto huaxteco del dio
del vento: un tempio rotondo in suo onore è stato infatti scavato, per esempio,
a Cempoala, centro della successiva cultura totonaca (1200-1500 dC). È preceduto
da una struttura rettangolare contenente le scale.
L’arch. del Messico occ. è parimenti cospicua per piramidi-tempio che connettono
tra loro una struttura rotonda ed una rettangolare. Il loro fulcro consiste di
un mucchio di blocchi di pietra sciolti ricoperto da un mantello di lastre di
pietra vulcanica legate con argilla. L’esterno di questi yácata non appare
simile ad una serie di terrazzature sovrapposte, ma come un vero e proprio muro,
solo interrotto da piccoli incavi. La piattaforma rettangolare superiore era
assai stretta, nella zona arrotondata sul retro degli yácata, c’era un piccolo
tempio a torretta.
Dal campo di lava di Pedregal sorge l’ed. databile piú ant. dell’altopiano
messicano la piramide a quattro gradoni quasi circolare, di Cuicuilco (c 300 aC).
Alta originariamente circa 20 m e con un diametro di 135 m, è stata realizzata
in anelli concentrici di creta compressa, con un mantello di ciottoli vulcanici
arrotondati. Un’ampia rampa montava fino ad un altare piú volte sollevato, in
muratura ad angoli retti.
La cultura di Teotihuacán fa centro sulla vasta piramide eponima in un punto 50
km a nord-ovest della capitale, MexicoTenochtitlan, le sue radici si trovano
assai vicine al periodo pre-classico del Messico centrale, come risulta dai
reperti di quest’ultimo, al piede della grande Piramide del Sole (III s dC). È
questa la maggiore costruzione m. che sia stata eretta in un solo tratto (altezza
65 m, lato 220 m, un milione di mc di mattoni seccati al sole). La piramide
detta del sole il cui nome risale agli Aztechi, consiste di cinque piramidi
tronche sovrapposte di inclinazione uguale. Come la «Piramide della Luna» (120 ×
150 m, altezza 45 m) è preceduta da una struttura consistente di varie terrazze.
La scalinata che sale dalla Strada dei Morti, con rampe interrotte in
corrispondenza ai gradoni della piramide, è orientata ad ovest. Nulla rimane del
tempio che una volta sorgeva sulla piattaforma piú alta, dedicato probabilmente
al dio della pioggia, Tlaloc.
La zona bastionata che gli Spagnoli chiamarono erroneamente cittadella (400 ×
400 m) si trova all’estremità mer. della Strada dei Morti. E sormontata da
quindici piccole piramidi a intervalli regolari, coronate da piattaforme. Ad est
di questa zona, una piattaforma si estende da nord a sud, ad essa è adiacente il
tempio principale. Una piramide minore a quattro gradoni, è stata costruita
dinanzi a questo tempio-montagna a sei gradoni, ma è stata recentemente in parte
rimossa per rivelare la bella facciata del tempio precedente. Il fregio e lo
zoccolo sono coperti di bassorilievi continui di serpenti piumati le cui teste
di pietra, scolpite a tutto tondo, si proiettano tra le teste, parimenti
plastiche, del dio della pioggia Tlaloc. Un tempo tutti e quattro i lati della
piramide erano adorni in questo modo: contando le dodici teste che si proiettano
dalle balaustre della scalinata erano non meno di 366 le teste che guardavano lo
spettatore. La testa del dio della pioggia Tlaloc è caratterizzata da una
mascella di giaguaro e da occhi ad anello, che si riferiscono al suo attributo,
la favolosa farfalla. Si tende a riconoscere nei portatori della cultura di
Teotihuacán popoli immigrati dalla costa del golfo del Messico e in particolare
dalla regione della cultura di La Venta.
All’inizio del IX s dC la Teotihuacán classica fu distrtttta dal fuoco,
avvenimento legato all’arrivo sull’altopiano del Messico dei Toltechi, che
dovevano dominare politicamente e culturalmente la regione per circa trecento
anni. La loro capitale era Tula, ove il culto del dio Quetzalcoatl il Serpente
Piumato, si rifà ad una personalità storica, il re-sacerdote Ce acatl topiltzin
(n 947 dC). A lui la leggenda ascrive il destino di esser bandito verso oriente,
il che è confermato dagli ed. di epoca tolteca nello Yucatán. La piramide del
Tempio della Stella del Mattino a Tula, il leggendario Tollan nell’attuale stato
messicano di Hidalgo, sorge su una base pressoché quadrata (circa 43 m di lato)
in cinque gradoni dell’altezza di 2 m circa ciascuno. Ogni gradone consiste di
un basamento obliquo e di un fregio verticale in bassorilievo, del quale ci
restano frammenti; presenta una fila ininterrotta di giaguari e di puma in
marcia - con interposte aquile e avvoltoi - nonché raffigurazioni del volto
umano che guarda dalla mascella di un drago: immagine del dio della Stella del
Mattino Quetzalcoatl. Un’ampia scalinata conduce da un vasto portico pilastrato
ai piedi della piramide fino alla piattaforma, ove i restauri hanno ricollocato
quattro immensi atlanti alti quasi 5 m con le fattezze di guerrieri toltechi,
che, unitamente ai quattro pilastri scolpiti retrostanti, sostenevano un tempo
la copertura. Il largo accesso al portico era sostenuto da due colonne a forma
di serpente piumato. Parallelamente ai lati nord ed ovest del tempio, e a breve
distanza dalla base della piramide, correva un muro monumentale che è tra le
realizzazioni principali dell’arch. tolteca, e che in parte sopravvive. Esso
reca su ambedue i lati un fregio in rilievo, tripartito, rivelante un compiuto
livello d’arte, ed è coronato da un filare ornamentale a pinnacoli. La faccia
centrale del fregio mostra un certo numero di serpenti con le teste volte in
parte ad est, in parte ad ovest, dalle cui zanne pendono scheletri umani:
rappresentazione simbolica del pianeta Venere che, dopo aver percorso il mondo
dell’oltretomba (da qui la riduzione a scheletro) sorge in cielo come stella del
mattino o della sera. Due cortili per il gioco della palla fanno pure parte del
santuario di Tula: quello a nord del Tempio della Stella del Mattino, con un
campo centrale fiancheggiato da scarpate che sostengono bastioni verticali, si
avvicina a simili impianti sul Monte Albán e Xochicalco.
Verso la fine del XII s Tula venne distrutta e incendiata dai Cicimechi.
Xochicalco, il «Luogo della Casa dei Fiori» si trova c 32 km a sud-ovest di
Cuernavaca su una spianata della Mesa Central. Risale a un’epoca tra la fine di
Teotihuacán (IX s) e l’inizio di Tula (X s), e può considerarsi il secondo per
importanza, tra i centri toltechi. Una collina di 130 m di altezza è stata qui
trasformata in luogo di culto mediante cinque terrazze artificiali (350 × 200
m). Il tempio principale poggia su una spianata rettangolare cinta da altri ed.
e consiste di una piattaforma e di un tempio, di cui ci resta la parte inferiore
delle pareti. Esse erano aperte sul lato ovest, ove l’ampia scalinata sale fino
alla piattaforma. La zona inferiore della piramide, il cui centro è in pietra e
terra, presenta un alto zoccolo obliquo e un piú basso coronamento verticale, ed
è coperta da lastre di andesite scolpite mirabilmente a rilievo e perfettamente
commesse. Otto serpenti piumati si avvolgono attorno alla zona inferiore
inclinata, con le teste rivolte verso gli angoli e i corpi che avviluppano
alternativamente cartigli con geroglifici e figure umane sedute a gambe
incrociate con grandi teste di belve come elmetti. Il fregio verticale raffigura
sacerdoti seduti, lo zoccolo del portico del tempio guerrieri nella stessa
positura; ambedue i tipi si collegano a date del calendario, le cui scritte
ricordano sia quelle degli Zapotechi che dei Maya. L’influsso Maya è pure
chiaramente rinvenibile nei rilievi a figure umane di Xochicalco.
Tra il 1200 e il 1300 dC la prima delle piramidi, misurante soltanto 31 × 12 m
alla base e 8 m di altezza, venne costruita a Tenayuca posta su quella che un
tempo era la riva nord del lago Tetzoco e prima capitale dei Cicimechi
appartenenti come gli Aztechi ad una popolazione di linguaggio Nahua. Ad
intervalli probabilmente di 52 anni su quella prima piramide ne vennero
costruite, come strati successivi di una cipolla almeno altre cinque. Ma in
ciascuna fase l’impianto fondamentale con due scalinate principali e due templi
sulla piattaforma, rimase il medesimo, il che suggerirebbe che tutte le piramidi
venissero costruite dallo stesso popolo Nahua. L’ultima volta nel 1507, la base
della piramide di Tenayuca, che ormai occupava un’area di 61 × 50 m ed era alta
quasi 19 m, dalla base alla piattaforma, venne cinta da un hasso parapetto in
pietra sul quale si trovano le forme di serpenti arrotolati, in numero di 138: i
corpi avvolti sono in muratura, mentre le teste che superano in altezza il
parapetto, sono in pietra scolpita. Ai lati nord e sud della piramide, orientata
verso ovest, si trovano due bassi altari, e di fronte a ciascuno di essi si
avvolge nelle spire un consimile «serpente turchese».
Questi serpenti sono incarnazioni del luminoso cielo diurno che avvolge e
sostiene il sole. Vi sono poi anche altri chiari indizi del fatto che la
piramide era destinata al culto del sole.
La sua importanza specifica, tuttavia, sta nella circostanza che essa ci
trasmette un quadro attendibile (malgrado la sua piccola scala) del carattere
del principale tempio azteco di Tenochtitlán (México City), raso al suolo dagli
Spagnoli che lo conquistarono nel 1521.
Anch’esso possedeva due scalinate che portavano a due templi, il primo al dio
della pioggia Tlaloc, il secondo al dio tribale Huitzilopochtli, uno degli
aspetti del quale era di essere il
dio del sole. Questo tempio era pure circondato da un muro di serpenti i cui
resti sono stati scoperti, e con essi due immani teste di «serpenti turchesi» in
pietra, a nord e a sud dell’area un tempo coperta dal templo di Tenochtitlán.
Sugli altipiani di Oaxaca le tracce della cultura zapoteca si concentrano su una
delle montagne, denominata Monte Albán dagli Spagnoli, che sorge 400 m al di
sopra del fondovalle,
la stessa ove, non molto lontano, sorge oggi la città di Oaxaca. La
città-tempio, lunga 700 m e larga 250, può farsi risalire, quanto agli inizi, ad
influssi olmechi dalla costa sud-orientale del Golfo (La Venta), negli ultimi s
aC. Ciò è evidente, anzitutto, dai rivestimenti della base della struttura piú
antica - una piramide di terra successivamente coronata da una piattaforma con
tre templi, fatti di lastre scolpite con figure umane in rilievo di tipo olmeco
dette «danzanti» perché probabilmente rappresentano sacerdoti che eseguono danze
estatiche. I templi di Monte Albán occupano un’area ribassata e piana tra due
immense piattaforme rialzate a nord e sud. La piattaforma nord raggiunge
l’altezza di 12 m, superati da un’imponente rampa di scale. Attraverso il
vestibolo con le tracce di dodici colonne in muratura, si giunge ad una corte
ribassata di circa 3 m. Ed. simili sono costruiti dinanzi alle due
piramidi-tempio quadrate che fiancheggiano le figure danzanti ad ovest
dell’arena. Il doppio cornicione gradonato offre alle pareti e alle balaustre
della scalinata di queste come della maggior parte delle altre costruzioni di
Monte Albán il loro profilo caratteristico. Tre piramidi adiacenti, tra cui la
centrale presenta tre templi e una vasta scalinata sul lato est, si estendono
per circa 100 m lungo l’asse nord-sud della zona del tempio. A sud del complesso
si ha qualche cosa di unico nell’arch. messicana antica: un tempio, una delle
cui estremità, come una prua di nave, devia di 45° verso est da nord, e che era
usata forse per osservazioni astronomiche. Una corte per il gioco della palla di
tipo Maya è adiacente alla piattaforma nord, sul suo lato ovest. Piú o meno alla
fine del primo millennio della nostra era il centro della cultura zapoteca
scivolò a valle: Monte Albán divenne una necropoli stipata di innumeri tombe
adornate, e venne infine occupata dai Mixtechi.
Abbandonato Monte Albán, un nuovo centro della cultura zapoteca fiorí
all’estremità est della valle di Oaxaca a Mitla sede del re-saccrdote o
Uija-tao. Essa consiste di cinque distinti complessi palaziali, tre dei quali,
assai simili, sono in abbastanza buono stato di conservazione. Comprendono tre
parti mutuamente confinanti su pianta quadrata, un cortile interno racchiuso e
due altri cortili esterni aperti su un lato. Tutte e tre le corti sono cementate
e cinte da vaste sale su basse piattaforme, che danno sui cortili mediante tre
porte centrali. Le cornici di tali porte sono possenti architravi in pietra. Il
palazzo piú importante è il «Palazzo delle Colonne», il nome deriva dal
vestibolo, che serviva come sala delle udienze, ove sei grosse colonne senza né
base né capitello sostenevano una volta il tetto piano in legno. Vi si penetrava
da una bassa scalinata a nord del cortile principale aperto, al centro. Uno
stretto passaggio serpeggiante conduceva dalla sala delle colonne alla corte
interna con quattro ambienti sui lati, residenza, probabilmente, dello stesso
Uija-tao. Le pareti del palazzo delle colonne erano rivestite di circa 100000
lastre perfettamente tagliate di trachite, precedentemente scolpite secondo
numerosi schemi geometrici alternati. Sulle pareti esterne e nei cortili tali
motivi sono separati da ricorsi sporgenti a doppia fascia che corrono su due
livelli sovrapposti e inquadrano alternativamente i campi rettangolari dei fregi
sopra e sotto.
A parte le circa duecento piramidi che combinano tempio e tomba, in mattoni
d’argilla e terra a Kaminaljuyu alla periferia di Guatemala City, il periodo
«formativo» (1500 aC - 200 dC) sugli altipiani Maya non ha lasciato dietro di sé
ed. degni di memoria. La costruzione piú bella che ci resti, risalente allo
scorcio dell’epoca formativa sull’altopiano centrale, è la piramide di Uaxactún
nella regione di Petén. Il tronco quadrangolare della piramide, che un tempo
sosteneva un tempio in materiale deperibile, è alto solo 8 m, ma presenta ancora
gradoni scolpiti fiancheggiati da sedici mascheroni giganti di un dio giaguaro.
L’intera superficie della piramide è rivestita di stucco bianco-giallastro, come
fu poi costume di tutti i successivi edifici Maya.
Non lontano da Uaxactún si trova Tikal, una delle piú grandi città Maya, i cui
inizi risalgono ad epoca formativa, benché il culmine ne ricada in periodo
classico (200-800 dC). Tra due strade rialzate e allungate si estende un cortile
di cerimonia rettangolare, santuario centrale di un complesso arch. che copriva
circa 16 kmq. L’una di fronte all’altra sui lati est ed ovest, si trovavano due
delle cinque piramidi gradonate, alte fino a 70 m, che appartengono al centro di
Tikal. Esse recano in alto sulle piattaforme templi dalle spesse mura di pietra,
al cui interno si trovano soltanto angusti santuari coperti con pseudovolte a
mensola.
Accanto alla pseudovolta, le possenti coperture dentate sono una delle
caratteristiche dell’arch. classica Maya della pianura. Una quantità di piccole
piramidi allineate l’una accanto all’altra e l’una dietro l’altra, formano
un’«acropoli» che costeggia il lato nord della grande arena di Tikal, mentre il
lato sud è occupato dai cd palazzi: ed. bassi dai numerosissimi ambienti. Di
fronte alla rampa che collega le due torreggianti piramidi ai piedi
dell’acropoli si ha una fila di una ventina di stele, usuali nel periodo
classico della cultura Maya. Esse recano bassorilievi di figure umane, con date
che sono state decifrate.
Caratterizza il sito di Palenque (termine sp. che indica un’area cinta da
palizzate), il grande centro della cultura classica Maya a Chiapas, una torre a
tre piani a sezione quadrata, che appartiene a un gruppo di palazzi comprendenti
quattro cortili interni, con file di pilastri che detetminano porticati. Rilievi
in stucco e lastre scolpite di pietra, con raffigurazioni rituali, adornano sia
le pareti dei palazzi che l’interno dei templi sulle piramidi gradonate. Due
file parallele di lunghi ambienti sono preparate, entro gli ed., per quasi tutta
la loro lunghezza da un nucleo murario che sostiene sia il peso della copertura
dentata sia la parte maggiore della spinta delle volte. In tal modo, le pareti
esterne hanno potuto venir costruite con spessori meno massicci che in altre
città Maya, e alle coperture ha potuto venir conferito un profilo quasi di
mansarda. La costruzione piú importante è il Tempio delle Iscrizioni,
dall’interno del quale una gradinata scende fino ad una camera funeraria
riccamente ornata, a un livello inferiore a quello della base della piramide.
Anche a Tikal sono stati trovati es. di questa combinazione tra tempio e
sepolcro.
L’avamposto mer. della civiltà Maya, Copán nello Honduras, era il suo principale
centro astronomico. Ne è frutto la Scala dei Geroglifici, senza pari al mondo.
Essa si eleva ad un’altezza di 26 m dal livello del cortile. L’alzato di ognuno
dei sessantatre gradini è adorno di geroglifici profondamente e accuratamente
incisi. Cinque figure sedute, di taglia maggiore di quella naturale,
rappresentanti dèi o sacerdoti sono insediate in trono ad intervalli fissi al
centro della scalinata che, con le due rampe ornamentali a rilievo sui due lati,
raggiunge una larghezza di c 10 m. Purtroppo sopravvivono solo frammenti del
tempio alla sommità della piramide. Il cortile per il gioco della palla a Copán
i cui pinnacoli in pietra hanno figura di pappagalli – gli uccelli del sole – e
si estendono sulle pareti laterali, era uno dei piú belli dell’intera regione
Maya. Fulcro arch. di Copán è l’«acropoli», un complesso di piramidi, templi e
terrazze, soprelevato di diversi metri rispetto al livello della città.
Negli anni ’40, non lontano da Yaxchilán nella regione del Rio Usumacinta, venne
ritrovata una decina di ed. su una collina gradonata sepolta dalla giungla. Uno
di essi conteneva pitture murali di straordinaria qualità nelle sue tre camere,
illustranti battaglie con la sottomissione dei prigionieri, parate di cerimonia
e príncipi che si adornano. Il luogo venne battezzato Bonampak (muro dipinto).
In epoca post-classica, l’arch. Maya raggiunse il culmine sotto l’influsso
messicano nella regione sett. Lo Yucatán sett. è un altopiano calcareo e arido,
coperto di cespugli, senza fiumi né laghi; ivi sono possibili solo radi
insediamenti umani laddove si hanno spaccature che raggiungano la falda
acquifera: le cd doline. Nella lingua Maya tali doline, oltre che «ch’en», cioè
pozzo, sono dette «tz’onot», donde lo sp. «zenote». Sullo scorcio del primo
millennio della nostra era, un capo politico e religioso che i Maya chiamavano
kukulcan (quetzalcoatl) apparve alla testa di un’orda guerriera. Egli guidò la
sua tribú, gli Itzá, fino ad un luogo sacro preesistente dedicato al dio della
pioggia dei Maya, Chac, che si pensava vi risiedesse in ragione del sacro
«zonote». La città cosí galvanizzata ricevette il nome di «Chichen Itzá», vale a
dire «al pozzo degli Itzá». Le gigantesche costruzioni qui erette nel corso dei
successivi duccento anni rammentano in molti modi e molto da vicino l’arch. di
Tula sull’altopiano messicano. Il «Tempio del Guerriero» nel nucleo centrale di
Chichen Itzá riproduce con notevole fedeltà il Tempio della Stella del Mattino a
Tula, sia nell’impianto generale che nei dettagli.
Anche qui, due colonne a forma di serpenti piumati capovolti costituiscono
l’ingresso al tempio. Come a Tula, la piramide dei guerrieri è preceduta da un
colonnato attraverso il quale passano i gradini che conducono alla piattaforma
del tempio. Una strada processionale lunga trecento metri, pavimentata e
rettilinea collega il sacro zonote col tempio principale di Chichen Itzá che si
riteneva eretto dallo stesso Kukulcan e il cui impianto deriva interamente dalla
piramide-tempio messicana classica, specie per quanto concerne il simbolismo
cosmico. I nove gradoni della piramide alta 24 m – erroneamente chiamata
«Castillo» dagli spagnoli – rappresentano i nove cieli della tradizione
messicana ant. Gradini in numero di 364 montano sui quattro lati, che
corrispondono quasi esattamente ai quattro punti cardinali. Se si aggiunge la
base, i gradini sono 365: uno per ciascun giorno dell’anno che il sole «scala».
L’ingresso principale alla cella del tempio si trova a nord; il suo vasto
portale è ripartito da due colonne a forma di serpente piumato, come accade a
Tula. L’interno di questa piramide-tempio conservava inviolato un precedente
tempio di Kukulcan, il cui impianto era pure esso grandemente analogo a quelli
delle ant. forme Maya.
Il piú ant. edificio della fase tolteca a Chichen Itzá è la massiccia rotonda
detta Caracol («chiocciola» in spagnolo), nome derivante da una stretta scala a
chiocciola ricavata nella massa muraria della parete all’interno. Il Caracol è
una torre a due piani su una piattaforma a doppio gradone. Le sette anguste
aperture rettangolari nelle pareti, notevolmente
massicce, del piano superiore (gravemente danneggiato) corrispondono ai quattro
punti cardinali e ad altre direzioni astronomicamente importanti. No vi è dubbio
che il Caracol venisse impiegato come osservatorio. In esso si rinvengono
diversi elementi dell’arch. Maya, come le pseudo-volte sui corridoi superiori;
ma, in quanto si tratta di una rotonda, esso rappresenta una forma costruttiva
aliena rispetto alle origini messicane.
Secondo numerosi esperti, la realizzazione suprema dei Toltechi a Chichen Itzá è
il sacro cottile per il gioco della palla, fiancheggiato da pareti monumentali.
All’estremità sud, allargata, della parete est sorge un tempio dalle mura
esterne riccamente ornate, che incorporano un fregio di giaguari in marcia,
donde il nome di «Tempio dei Giaguari». Sul retro, a livello del suolo, si trova
una cappella con una singola cameretta, la cui volta è peraltro coperta da cima
a fondo di significativi rilievi in puro stile tolteco.
Lo Yucatán possiede pure testimonianze del primo periodo classico dei Maya; sono
costruzioni in pietra precedenti alla comparsa dei Toltechi. Uxmal, ad es.,
rappresenta tuttora lo stile tardo-classico Maya dei cd Puuc vale a dire del
«Paese della bassa catena di colline» (Yucatán sud-occ ). È caratterizzato, fra
l’altro dalle cd pareti «impiallacciate» cioè la un mantello di riempimenti
fittili entro una leggiadra incastonatura in pietra. Questo trattamento delle
facciate, nonché la disposizione di costruzioni tipo palazzo lungo cortili
rettangolari ad angoli aperti, rivela parallelismi con la Mitla zapoteca. Ne ne
è un buon esempio il cd «quadrangolo delle monache» (77 × 64 m) costruito tra il
IX e l’XI s dC. La maschera in pietra del dio Maya della pioggia Chac col naso
proboscidato volto verso l’alto, appare frequentemente come motivo ricorrente
sulle facciate, cosí pure nella facciata del tempio nello stile del «Chenes»;
vale a dire della «Terra delle Peschiere» (Campeche sett.). Questo tempio è uno
dei due sulla sommità della cd «Piramide del Veggente» (altezza 32 m). Una
ripida scalinata, fiancheggiata da due rampe di gradoni cui sono sovrapposte
maschere del dio della pioggia, ascende fino al tempio Chenes, il cui tetto
costituisce una piattaforma di fronte al tempio superiore. L’interno della
piramide del Veggente, a base ellittica, contiene altri tre templi piú antichi
virtualmente intatti, cosí che possono decifrarsi in questo complesso cinque
fasi successive di costruzione.
Duecento metri a sud della Piramide del Veggente si trova il «Palazzo del
Governatore», il cui profilo tripartito è determinato da due recessi nella
facciata con due aperture triangolari, il tutto poggiante su un basamento lungo
90 m con una scalinata monumentale dinanzi alla sezione mediana. Il fregio, alto
3 m, consta di ventimila elementi musivi. Undici portali nello zoccolo del
palazzo conducono a una doppia fila di ambienti interni.