5/12/2020

Raffaello (Raffaello Santi o Sanzio) (Urbino 1483 - Roma 1520).

Secondo Vasari l’artista avrebbe svolto il periodo di apprendistato nella bottega, peraltro molto attiva, del padre, il pittore Giovanni Santi (†1494), che in seguito avrebbe affidato a Perugino: questa ricostruzione è tuttavia poco verosimile dato che R aveva solamente undici anni al momento della scomparsa del padre. Le uniche opere certe della prima giovinezza sono tre pale dipinte per chiese di Città di Castello. Della prima, la Pala di san Nicola da Tolentino, non rimangono che frammenti conservati a Napoli (gn di Capodimonte: Dio Padre e la Vergine), Brescia (Pinacoteca Tosio Martinengo: Angelo), a Parigi (Louvre: Angelo) e disegni preparatori (Lille, mba). Il contratto datato 10 dicembre 1500 menziona R come magister insieme a Evangelista da Pian di Meleto,già collaboratore per dieci anni di Giovanni Santi. La seconda opera è una Crocifissione con san Gerolamo terminata nel 1503 (Londra, ng), scomparti di predella con Scene della vita di san Gerolamo a Lisbona (maa) e a Raleigh (North Carolina Museum). La terza è il celeberrimo Sposalizio della Vergine eseguito nel 1504 e conservato a Brera (Milano).


Ammettendo che R abbia frequentato la bottega di Perugino,l’epoca del suo apprendistato varierebbe a seconda dei punti di vista tra il 1495 e il 1505. Vi sono comunque valide ragioni per pensare che esso non possa essere posteriore al dicembre 1500 ed anzi che occorra collocarla con maggiore probabilità nel 1499-1500. È stato altresí proposto di inserire precedentemente a questa data l’Incoronazione della Vergine (Roma, pv) dipinta per la chiesa di San Francesco di Perugia. L’autorità dei disegni preparatori (Ashmolean Museum di Oxford; Londra, bm; Lille, mba) rende difficilmente accettabile questa ipotesi che sconvolgerebbe la cronologia delle prime opere. Queste quattro grandi opere e alcune tavole cronologicamente vicine, quali la Madonna Solly (Berlino, sm, gg), mostrano un R fortemente influenzato da Perugino.

È solamente con lo Sposalizio della Vergine, la cui composizione si ispira direttamente al dipinto di analogo soggetto del Perugino (Caen, mba), che l’animazione organica delle figure e un nuovo senso dello spazio annunciano già limpidamente l’orientamento futuro del linguaggio artistico raffaellesco. Appare probabile che il Sogno del cavaliere (Londra, ng) e le Tre Grazie (Chantilly, Museo Condé), che formavano un delizioso dittico, appartengano anch’essi allo stesso periodo. Occorre forse accostare quest’ultima opera al viaggio che R compí a Siena per collaborare con Pinturicchio alla realizzazione degli affreschi della Libreria Piccolomi-ni. Questo episodio del racconto vasariano è stato contestato senza valide ragioni se si ricorda che un antico gruppo scultoreo delle Tre Grazie si trovava nel 1502 a Siena nella Libreria Piccolomini e che il piccolo dipinto di Chantilly è documentato nel Seicento nella collezione Borghese a Roma, appartenuta cioè a una famiglia residente a Siena nel Cinquecento. Ma allora, il dittico, se commissionato dai Borghese (exhortatio ad juvenem per Scipione di Tommaso di Borghese), poté essere eseguito da R a Siena durante il suo soggiorno documentato tra il 1502 e il 1503.

Gli anni fiorentini (1504-1508)

R si recò probabilmente a Firenze nell’autunno del 1504 e il suo soggiorno si prolungò fino al 1508. Non bisogna tuttavia pensare a una residenza senza interruzioni. Le commissioni lo richiamavano piú volte in Umbria. Non soltanto l’affresco con la Gloria della Trinità (1505-508: Perugia, San Severo) ma anche tre importanti pale richiesero certamente la presenza di R a Perugia: la Pala di Sant’Antonio (Vergine col Bambino, san Giovannino e quattro santi; Dio padre, lunetta; Orazione nell’orto, scomparto della predella: New York, mma; altri frammenti della predella si conservano alla ng di Londra, al Gardner Museum di Boston e a Dulwich, College Gallery), la Pala Ansidei (Vergine con il Bambino, san Giovannino e san Nicola e la Predica del Battista, scomparto della predella: Londra, ng) e il Trasporto di Cristo morto Baglioni (1507: Roma, Galleria Borghese, la cui predella con la raffigurazione delle Virtú teologali è conservata in Vaticano). L’arte fiorentina esercitò tuttavia un ruolo fondamentale nella formazione dell’artista.

La serie delle Madonne col Bambino e delle Sacre Famiglie di questo periodo mostra come la maniera ancora squisitamente umbra della piccola Madonna Conestabile (1504?: San Pietroburgo, Ermitage) faccia posto a un classicismo profondamente influenzato dallo studio delle opere di Leonardo da Vinci, del giovane Michelangelo e di Fra Bartolomeo: la Madonna del Granduca (Firenze, Pitti) dove l’influenza leonardesca risulta particolarmente evidente, la Madonna col Bambino detta «Piccola Madonna Cowper» (1504-505: Washington, ng), la Madonna del Prato (1506: Vienna, kh), la Madonna del cardellino (Firenze, Uffizi) e la Bella Giardiniera (1507: Parigi, Louvre). La Sacra Famiglia Canigiani (1507-508: Monaco, ap), la Madonna col Bambino detta «Grande Madonna Cowper» (1508: Washington, ng) e la Madonna Tempi (1508: Monaco, ap) segnano il compiersi di questo percorso al termine del quale R ci appare come una figura capitale del classicismo rinascimentale. Tra le opere giovanili occorre ancora menzionare due dipinti conservati al Louvre San Giorgio e il drago e San Michele e il drago, considerati talvolta opere assai precoci (1501 ca.), ma che la critica tende oggi concordemente a datare piuttosto verso il 1505. Il San Giorgio (Washington, ng) è certamente posteriore al dipinto di analogo soggetto del Louvre. Di questo periodo si conservano anche alcuni ritratti, in particolare quelli di Agnolo e Maddalena Doni (Firenze, Pitti), non senza suggestioni leonardesche percepibili anche nel disegno del Louvre, studio per un ritratto di donna da identificare forse con La dama con liocorno della Galleria Borghese di Roma. Al momento di lasciare Firenze per Roma rimase interrotta la Madonna del Baldacchino, grande tavola dipinta per Santo Spirito (Firenze, Pitti), la piú impegnativa fra le sue opere fiorentine e preannuncio nel largo impianto di risultati anche piú grandiosi.

Periodo romano: i cicli decorativi vaticani (1508-20)

Chiamato da Giulio II R si recò a Roma probabilmente verso la fine del 1508. Egli svolge ora un’attività prodigiosa, si circonda di allievi e di collaboratori, a capo di una bottega popolata ed efficiente. Nel corso di questi anni, nei quali il rinascimento giunge al suo apogeo, R opera soprattutto per la Santa Sede (Giulio II, papa dal 1503 al 1513; Leone X, papa dal 1513 al 1521) ed esegue in Vaticano grandiosi cicli decorativi. Ciascuno di essi costituisce una unità, una tappa e una sintesi stilistica poiché R scopre ogni volta un nuovo equilibrio. Essi sono in ordine cronologico, la Stanza della Segnatura (1508-11), la Stanza di Eliodoro (1511-14), la Stanza dell’Incendio di Borgo (1514-17), i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina (Londra, vam), la Sala dei Chiaroscuri o dei Palafrenieri (1517, parzialmente distrutti nel 1558 e restaurati due anni dopo dagli Zuccari), le Logge (1517-19), complesso sistema decorativo, concepito da R, di ornati e di storie bibliche, la cui esecuzione fu un’esperienza fondamentale per gli artisti che terranno il campo nei decenni seguenti e non solo a Roma diffondendo e continuando la «maniera raffaellesca». Infine l’urbinate fu incaricato di decorare la Sala di Costantino: anche per quest’altra, straordinaria impresa occorre distinguere fra progetto e realizzazione, quest’ultima dovuta a Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, eredi diretti dello studio, che la eseguirono dopo la morte di R (1520-24), alla cui mano potrebbe tuttavia spettare l’esecuzione di almeno una figura, quella della Giustizia.

Negli ultimi anni, R fu costretto, a causa dei numerosi incarichi affidatigli, a ricorrere sempre piú largamente ai suoi collaboratori, in particolare a Giulio Romano e a Gian Francesco Penni. Già sovraccarico di richieste di dipinti, nel 1514, alla morte di Bramante, egli fu nominato Architetto della Fabbrica di San Pietro per divenire nel 1515 sovrintendente alle antichità di Roma.

Nelle serene visioni della Stanza della Segnatura, nella costruzione ideale dello spazio e nel colore divenuto luce che lo misura sono insieme presenti l’eredità umbra e pierfrancescana e un nuovo grandioso respiro che ormai è solo di R. Nella Stanza di Eliodoro, R esplora le possibilità drammatiche dello stile classico non soltanto attraverso il movimento che anima episodi quali la Cacciata di Eliodoro dal Tempio e L’incontro di Attila e Leone Magno, ma come nella Liberazione di san Pietro dal carcere e nella Messa di Bolsena, anche utilizzando gli effetti di luce e di ombra. Nella Stanza dell’Incendio di Borgo l’insieme risulta meno unitario che nelle altre stanze, mentre è evidentemente piú forte l’interesse per il movimento e per una nuova complessità della rappresentazione sia nell’Incendio di Borgo sia nell’Incoronazione di Carlo Magno. Del tutto diversa l’atmosfera dei sette cartoni che rappresentano alcuni episodi degli Atti degli Apostoli (Londra,vam), preparatori per gli Arazzi degli Atti degli Apostoli (Musei Vaticani), dove la misura classica raggiunge una pienezza quasi astratta. Le Logge, al contrario, imprimono nuova vita al patrimonio ornamentale dell’antico.

Le committenze

Chigi Il banchiere senese Agostino Chigi (1465-1520), personalità di prima importanza a Roma, fu dopo il papa il principale mecenate di R. L’artista dipinse l’affresco con il Trionfo di Galatea (1511) per la villa del Chigi alla Lungara, poi detta la Farnesina, progettata da Baldassarre Peruzzi. R fu incaricato anche della decorazione della cappella di famiglia in Santa Maria della Pace dove dipinse le Sibille (1514), e progettò per l’altare la Resurrezione di cui aveva eseguito disegni, e della intera realizzazione della cappella funeraria in Santa Maria del Popolo. Per quest’ultima egli fornì il progetto architettonico, i disegni per i mosaici della cupola (Eterno Padre e i Pianeti, 1516) e per la statua di Giona scolpita da Lorenzo Lotti detto Lorenzetto. R lasciò incompiuta la decorazione delle due cappelle; un altro insieme, gli affreschi delle volte della Loggia di Psiche alla Farnesina, eseguiti nel 1517, nonostante l’esecuzione in gran parte non autografa e le alterazioni subite nel tempo, restano un modello ineguagliabile della decorazione
di villa nel rinascimento.

Dipinti di soggetto sacro, pale e ritratti

Nei dodici anni che egli trascorse a Roma non trascurò il genere di opere che lo aveva tanto occupato in precedenza: pale d’altare, quadri di devozione e ritratti. La Madonna di Foligno (1511-12: pv, commissionata da Sigismondo de’ Conti per Santa Maria in Aracoeli), la Madonna Sistina (1513-14: Dresda, gg), per la chiesa benedettina di San Sisto a Piacenza, la Santa Cecilia (1514: Bologna, pn, il cui patrocinio ebbe origine nella cerchia spirituale della beata Elena Duglioli e dei canonici regolari di San Giovanni in Monte a Bologna), la Madonna del pesce (1514 ca.: Madrid, Prado), l’Andata al Calvario o Spasimo di Sicilia (1517: ivi) sono esempi di una pittura sacra assurta a un nuovo dominio, alto e intenso, dell’espressione; a un’arte sovrastorica del rappresentare il dogma che cresce con il grandeggiare dell’invenzione e con la sonorità profonda del colore, fino al sublime apice della Trasfigurazione (1517-1520: Roma, pv) commissionata dal cardinale Giulio de’ Medici (poi Clemente VII) per la Cattedrale di Narbona, ancora incompiuta al momento della morte dell’artista ed esposta sopra il suo catafalco.

Analogamente, nei quadri sacri di destinazione privata, R abbandona la maniera semplice, naturale e serena, tipica della fase fiorentina, per un’animazione piú complessa che si riflette in un nuovo dinamismo delle composizioni: la Madonna del diadema (Parigi, Louvre), la Madonna d’Alba (Washington,ng) e soprattutto la Madonna della seggiola (Firenze, Uffizi) e la Madonna della tenda (Monaco, ap), opere in cui le immagini si accostano ed entrano in rapporto grazie a una scienza dell’armonia ormai senza pari. Nella Sacra Famiglia di Francesco I (Parigi, Louvre), datata 1518, questo stile raggiunge una misura monumentale. R trasfuse la stessa immaginazione e la stessa forza nei suoi ritratti, che occorrerebbe citare singolarmente dato che l’artista inventa ogni volta nuove soluzioni (Ritratto di cardinale: Madrid, Prado; Giulio II: Londra, ng; Tommaso Inghirani: Firenze, Pitti).

All’apice del genere: il ritratto di Baldassarre Castiglione (1515 ca.: Parigi, Louvre), modello del gentiluomo umanista, e La Velata (1516 ca.: Firenze, Pitti) che ne è come l’equivalente femminile; Raffaello e il suo maestro d’arme (1518 ca.: Parigi, Louvre; l’identificazione del personaggio in primo piano come il maestro d’arme permane comunque incerta) e Leone X e due cardinali (1518-19: Firenze, Uffizi) testimoniano gli estremi interessi dell’artista per il ritratto a due o a tre personaggi di un taglio incredibilmente moderno e pieno di avvenire.

I disegni

Raffaello è celebre come disegnatore forse altrettanto che come pittore; si comprende dunque che i suoi disegni siano stati precocemente e avidamente raccolti: l’Ashmolean Museum di Oxford, Windsor Castle, il bm, il Louvre, gli Uffizi, l’Albertina, i musei di Lille, Francoforte, Bayonne ne conservano nuclei particolarmente importanti. L’artista occupa inoltre un luogo di rilievo anche nella storia dell’incisione. Non perché sia stato egli stesso un incisore ma per la sua collaborazione con Marcantonio Raimondi, cui dobbiamo se ci sono pervenute alcune invenzioni raffaellesche che altrimenti ci sarebbero rimaste sconosciute, come l’ammirevole Giudizio di Paride. Tale diffusione attraverso la stampa ha contribuito in un modo che è impossibile sottovalutare ad accrescere l’importanza storica di R. L’apprezzamento dell’arte di R, già di per sé non agevole, è stato reso piú difficile dal confronto inevitabile tra l’urbinate e Michelangelo, già peraltro comune al loro tempo. Il senso infallibile dell’equilibrio, l’interiore misura che domina anche l’ampiezza retorica la piú grandiosa, la personalità riservata di R, sembrano soffrire al confronto, ma queste qualità sono in realtà inseparabili da una straordinaria fertilità d’invenzione. Lo stupefacente potere sia di assimilazione sia di adattamento, congiunto alla profondità del genio, concorrono a rendere l’opera di R non un’enciclopedia, ma una sintesi della rinascenza classica e l’espressione definitiva dell’umanesimo nell’arte.

Negli ultimi decenni gli studi raffaelleschi non hanno certo perduto di vitalità ed anzi hanno attinto ulteriori motivazioni dalle iniziative – mostre, convegni ecc. – promosse in tutto il mondo in occasione del quinto centenario della nascita di R. Tra i problemi ha trovato nuovi spazi di discussione quello della formazione dell’artista e del suo ingresso nella bottega di Perugino, le sue ipotizzate presenze a Firenze prima del 1504 (favorite, secondo alcuni, dai frequenti viaggi nella città toscana del Perugino sia per ragioni familiari che di lavoro).

La tendenza a considerare la formazione di R in rapporto alla cultura artistica fiorentina tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, tra gli estremi rappresentati da una tesi marcatamente «fiorentina» (Becherucci) e una marcatamente umbra (Oberhuber), ha determinato piú recentemente, tra altre ipotesi intermedie, quella che vede R operare fino al 1504 prevalentemente nell’ambito di maestri quali Perugino, Pinturicchio e Signorelli, ma rilevando anche interesse per la cultura fiorentina, documentato tra l’altro, dallo studio giovanile con varianti del San Giovanni di Donatello in Santa Maria del Fiore (Parigi, Louvre), e dal disegno di Lille (mba) preparatorio alla pala di san Nicola da Tolentino che presuppone la conoscenza di esisti fiorentini nello studio della figura umana (Gregori). L’ipotesi di un viaggio a Roma precedente al periodo fiorentino, tra il 1502 e il 1503, forse con l’appoggio di Giovanna Feltria Della Rovere, è stata inoltre formulata in relazione alle vedute del Panthéon in un foglio degli Uffizi, esaminate in rapporto al Codex Excurialensis (Shearman).

L’intervento nella fase preparatoria delle storie della Libreria Piccolomini a Siena ha trovato conferma, oltre che in due cartonetti raffiguranti La partenza di Enea Silvio Piccolomini per il concilio di Basilea (Firenze, Uffizi), in cui è stato notato il riferimento a Leonardo nella rappresentazione dei cavalli, e L’incontro di Federico III con la sposa Eleonora del Portogallo (già in casa Baldeschi), in alcuni disegni (Uffizi, Louvre, Ashmolean Museum) relativi a figure e putti reggiscudi restituiti a R dopo essere stati a lungo ascritti a Pinturicchio. Problematica infine l’intepretazione del rapporto con Fra Bartolomeo, del quale divenne amico negli anni fiorentini.

Nel campo delle ricerche iconologiche si è giunti alla formulazione di nuove ipotesi interpretative, in relazione tra l’altro alla Trasfigurazione per la Cattedrale di Narbona. Pur confermando che non può trattarsi di un’allegoria polemica della Riforma luterana, non fosse altro per ragioni cronologiche, si è osservato che «La fine del 1516, ossia il periodo in cui si crede che fu commissionato il quadro di R, era... un momento adatto per ricordare ai recalcitranti francesi l’autorità di San Pietro e dei suoi successori» (Gombrich, secondo cui a san Pietro spetta nel quadro una posizione centrale).

Arricchimento di grande rilievo del corpus pittorico raffaellesco è stato il ritrovamento in una collezione privata francese della figura di un angelo, acquisita nel 1981 dal Louvre e riconosciuta ulteriore frammento autografo della pala d’altare raffigurante L’Incoronazione di san Nicola da Tolentino (Béguin), commisionata da Andrea di Tommaso Baronci il 10 dicembre 1500 a R e a Evangelista di Pian di Meleto (antico collaboratore del padre Giovanni Santi), per la sua cappella nella chiesa di Sant’Agostino in Città di Castello. Nel frammento recentemente ritrovato la testa dell’angelo col filatterio, che doveva rivolgersi verso la Madonna, ha un’attitudine quasi implorante e pietistica, che si presenta come un’imprevedibile novità in confronto all’angelo di Brescia; fatto che dimostra, nella sua diversità, che R cercava di variare, piuttosto che di tipizzare, a differenza di Perugino, le espressioni fisionomiche. La presenza di un modello molto prossimo alla testa dell’Angelo del Louvre nella figura di Tobiolo (Tobiolo tenuto per mano dall’arcangelo Raffaele; Londra, ng) e in quella dell’angelo nella Madonna in adorazione del Bambino (ivi), scomparti del polittico eseguito nel 1499 da Perugino per l’altare di San Michele (seconda cappella sinistra) della Certosa di Pavia, ha fatto ipotizzare l’utilizzazione di uno stesso cartone (Gregori).

La determinazione dell’anno in cui ebbero luogo le nozze di Lorenzo Nasi con Sandra di Matteo Canigiani, in occasione delle quali, secondo quanto scrive Vasari, R dipinse la Madonna del Cardellino, potrebbe spostare il dipinto entro il 1505 o al piú tardi entro il 23 febbraio 1506, dunque alla prima fase fiorentina e in anticipo di due anni rispetto alla Madonna del Belvedere e alla Bella Giardiniera. Indagini radiografiche e interventi di restauro hanno inoltre consentito una piú ampia e approfondita lettura di alcune opere, rilevando fasi esecutive preliminari e nuovi dati oggettivi, oltre che elementi preziosi per verificarne l’autografia. Nel caso della Madonna del Granduca, solitamente collocata negli anni 1504-505, le analisi radiografiche hanno rivelato al di sotto della superficie unita scura, forse dipinta in un momento successivo, la presenza di elementi architettonici (tra i quali una finestra aperta sul paesaggio che si ritrova anche nello sfondo della Sacra Famiglia di San Pietroburgo e la Madonna d’Orléans di Chantilly, entrambe databili 1506-507) che giustificano una datazione entro il 1506. Nel caso del Ritratto di Maddalena Doni le radiografie suggeriscono l’esistenza sulla destra di un paesaggio visto attraverso una finestra. In seguito modificato da R per conformarlo al ritratto di Agnolo Doni, esso costituirebbe dunque il primo dei due ritratti dei coniugi Doni cui è stata recentemente riferita (1984) una tavoletta copriritratto (Uffizi). Dopo la recente pulitura della Bella Giardiniera è stata riproposta, in accordo a Passavant, la lettura 1508 della data, posticipando cosí di un anno la datazione comunemente accettata (Béguin). La riflettografia a infrarossi ha infine rivelato in alcuni casi lo spolvero o il disegno. Come per l’Autoritratto, il disegno sottostante alla superficie pittorica del Ritratto di Tommaso Inghirami, i cui tratti che si accompagnano a tracce di spolvero unicamente visibili sulle dita della mano sinistra sono eccezionalmente sicuri e modellanti, ha fornito secondo alcuni studiosi elementi consistenti per confermarne pienamente l’autografia (Gregori).

Anche nel campo dei disegni i nuovi studi hanno condotto oltre che al riesame di disegni problematici, alla scoperta di alcuni importanti inediti. Tra questi, uno schizzo per la Messa di Bolsena, scoperto nel distacco di un antico montaggio; uno studio a punta metallica correlato al Sacrificio a Listra, conosciuto in precedenza tramite una copia, entrambi conservati al Louvre; lo studio preparatorio di Amore e Psiche per la Farnesina (Torino, Bibl. reale); sul verso dello stesso foglio un disegno dall’antico, la raffigurazione purtroppo frammentaria della cosiddetta Sabina grande, ora nella Loggia de’ Lanzi a Firenze e, inoltre, una Lucrezia di collezione privata americana, tratta da un prototipo antico non pervenuto.