Secondo Vasari l’artista avrebbe svolto il periodo di apprendistato nella
bottega, peraltro molto attiva, del padre, il pittore Giovanni Santi (†1494),
che in seguito avrebbe affidato a Perugino: questa ricostruzione è tuttavia poco
verosimile dato che R aveva solamente undici anni al momento della scomparsa del
padre. Le uniche opere certe della prima giovinezza sono tre pale dipinte per
chiese di Città di Castello. Della prima, la Pala di san Nicola da Tolentino,
non rimangono che frammenti conservati a Napoli (gn di Capodimonte: Dio Padre e
la Vergine), Brescia (Pinacoteca Tosio Martinengo: Angelo), a Parigi (Louvre:
Angelo) e disegni preparatori (Lille, mba). Il contratto datato 10 dicembre 1500
menziona R come magister insieme a Evangelista da Pian di Meleto,già
collaboratore per dieci anni di Giovanni Santi. La seconda opera è una
Crocifissione con san Gerolamo terminata nel 1503 (Londra, ng), scomparti di
predella con Scene della vita di san Gerolamo a Lisbona (maa) e a Raleigh (North
Carolina Museum). La terza è il celeberrimo Sposalizio della Vergine eseguito
nel 1504 e conservato a Brera (Milano).
Ammettendo che R abbia frequentato la bottega di Perugino,l’epoca del suo
apprendistato varierebbe a seconda dei punti di vista tra il 1495 e il 1505. Vi
sono comunque valide ragioni per pensare che esso non possa essere posteriore al
dicembre 1500 ed anzi che occorra collocarla con maggiore probabilità nel
1499-1500. È stato altresí proposto di inserire precedentemente a questa data
l’Incoronazione della Vergine (Roma, pv) dipinta per la chiesa di San Francesco
di Perugia. L’autorità dei disegni preparatori (Ashmolean Museum di Oxford;
Londra, bm; Lille, mba) rende difficilmente accettabile questa ipotesi che
sconvolgerebbe la cronologia delle prime opere. Queste quattro grandi opere e
alcune tavole cronologicamente vicine, quali la Madonna Solly (Berlino, sm, gg),
mostrano un R fortemente influenzato da Perugino.
È solamente con lo Sposalizio
della Vergine, la cui composizione si ispira direttamente al dipinto di analogo
soggetto del Perugino (Caen, mba), che l’animazione organica delle figure e un
nuovo senso dello spazio annunciano già limpidamente l’orientamento futuro del
linguaggio artistico raffaellesco. Appare probabile che il Sogno del cavaliere
(Londra, ng) e le Tre Grazie (Chantilly, Museo Condé), che formavano un
delizioso dittico, appartengano anch’essi allo stesso periodo. Occorre forse
accostare quest’ultima opera al viaggio che R compí a Siena per collaborare con
Pinturicchio alla realizzazione degli affreschi della Libreria Piccolomi-ni.
Questo episodio del racconto vasariano è stato contestato senza valide ragioni
se si ricorda che un antico gruppo scultoreo delle Tre Grazie si trovava nel
1502 a Siena nella Libreria Piccolomini e che il piccolo dipinto di Chantilly è
documentato nel Seicento nella collezione Borghese a Roma, appartenuta cioè a
una famiglia residente a Siena nel Cinquecento. Ma allora, il dittico, se
commissionato dai Borghese (exhortatio ad juvenem per Scipione di Tommaso di
Borghese), poté essere eseguito da R a Siena durante il suo soggiorno
documentato tra il 1502 e il 1503.
Gli anni fiorentini (1504-1508)
R si recò probabilmente a Firenze nell’autunno del 1504 e il suo soggiorno si
prolungò fino al 1508. Non bisogna tuttavia pensare a una residenza senza
interruzioni. Le commissioni lo richiamavano piú volte in Umbria. Non soltanto
l’affresco con la Gloria della Trinità (1505-508: Perugia, San Severo) ma anche
tre importanti pale richiesero certamente la presenza di R a Perugia: la Pala di
Sant’Antonio (Vergine col Bambino, san Giovannino e quattro santi; Dio padre,
lunetta; Orazione nell’orto, scomparto della predella: New York, mma; altri
frammenti della predella si conservano alla ng di Londra, al Gardner Museum di
Boston e a Dulwich, College Gallery), la Pala Ansidei (Vergine con il Bambino,
san Giovannino e san Nicola e la Predica del Battista, scomparto della predella:
Londra, ng) e il Trasporto di Cristo morto Baglioni (1507: Roma, Galleria
Borghese, la cui predella con la raffigurazione delle Virtú teologali è
conservata in Vaticano). L’arte fiorentina esercitò tuttavia un ruolo
fondamentale nella formazione dell’artista.
La serie delle Madonne col Bambino e delle Sacre Famiglie di questo periodo
mostra come la maniera ancora squisitamente umbra della piccola Madonna
Conestabile (1504?: San Pietroburgo, Ermitage) faccia posto a un classicismo
profondamente influenzato dallo studio delle opere di Leonardo da Vinci, del
giovane Michelangelo e di Fra Bartolomeo: la Madonna del Granduca (Firenze,
Pitti) dove l’influenza leonardesca risulta particolarmente evidente, la Madonna
col Bambino detta «Piccola Madonna Cowper» (1504-505: Washington, ng), la
Madonna del Prato (1506: Vienna, kh), la Madonna del cardellino (Firenze,
Uffizi) e la Bella Giardiniera (1507: Parigi, Louvre). La Sacra Famiglia
Canigiani (1507-508: Monaco, ap), la Madonna col Bambino detta «Grande Madonna
Cowper» (1508: Washington, ng) e la Madonna Tempi (1508: Monaco, ap) segnano il
compiersi di questo percorso al termine del quale R ci appare come una figura
capitale del classicismo rinascimentale. Tra le opere giovanili occorre ancora
menzionare due dipinti conservati al Louvre San Giorgio e il drago e San Michele
e il drago, considerati talvolta opere assai precoci (1501 ca.), ma che la
critica tende oggi concordemente a datare piuttosto verso il 1505. Il San
Giorgio (Washington, ng) è certamente posteriore al dipinto di analogo soggetto
del Louvre. Di questo periodo si conservano anche alcuni ritratti, in
particolare
quelli di Agnolo e Maddalena Doni (Firenze, Pitti), non senza suggestioni
leonardesche percepibili anche nel disegno del Louvre, studio per un ritratto di
donna da identificare forse con La dama con liocorno della Galleria Borghese di
Roma. Al momento di lasciare Firenze per Roma rimase interrotta la Madonna del
Baldacchino, grande tavola dipinta per Santo Spirito (Firenze, Pitti), la piú
impegnativa fra le sue opere fiorentine e preannuncio nel largo impianto di
risultati anche piú grandiosi.
Periodo romano: i cicli decorativi vaticani (1508-20)
Chiamato da Giulio II R si recò a Roma probabilmente verso la fine del 1508.
Egli svolge ora un’attività prodigiosa, si circonda di allievi e di
collaboratori, a capo di una bottega popolata ed efficiente. Nel corso di questi
anni, nei quali il rinascimento giunge al suo apogeo, R opera soprattutto per la
Santa Sede (Giulio II, papa dal 1503 al 1513; Leone X, papa dal 1513 al 1521) ed
esegue in Vaticano grandiosi cicli decorativi. Ciascuno di essi costituisce una
unità, una tappa e una sintesi stilistica poiché R scopre ogni volta un nuovo
equilibrio. Essi sono in ordine cronologico, la Stanza della Segnatura
(1508-11), la Stanza di Eliodoro (1511-14), la Stanza dell’Incendio di Borgo
(1514-17), i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina (Londra, vam), la
Sala dei Chiaroscuri o dei Palafrenieri (1517, parzialmente distrutti nel 1558 e
restaurati due anni dopo dagli Zuccari), le Logge (1517-19), complesso sistema
decorativo, concepito da R, di ornati e di storie bibliche, la cui esecuzione fu
un’esperienza fondamentale per gli artisti che terranno il
campo nei decenni seguenti e non solo a Roma diffondendo e continuando la
«maniera raffaellesca». Infine l’urbinate fu incaricato di decorare la Sala di
Costantino: anche per quest’altra, straordinaria impresa occorre distinguere fra
progetto e realizzazione, quest’ultima dovuta a Giulio Romano e Giovan Francesco
Penni, eredi diretti dello studio, che la eseguirono dopo la morte di R
(1520-24), alla cui mano potrebbe tuttavia spettare l’esecuzione di almeno una
figura, quella della Giustizia.
Negli ultimi anni, R fu costretto, a causa dei numerosi incarichi affidatigli, a
ricorrere sempre piú largamente ai suoi collaboratori, in particolare a Giulio
Romano e a Gian Francesco Penni. Già sovraccarico di richieste di dipinti, nel
1514, alla morte di Bramante, egli fu nominato Architetto della Fabbrica di San
Pietro per divenire nel 1515 sovrintendente alle antichità di Roma.
Nelle serene visioni della Stanza della Segnatura, nella costruzione ideale
dello spazio e nel colore divenuto luce che lo misura sono insieme presenti
l’eredità umbra e pierfrancescana e un nuovo grandioso respiro che ormai è solo
di R. Nella Stanza di Eliodoro, R esplora le possibilità drammatiche dello stile
classico non soltanto attraverso il movimento che anima episodi quali la
Cacciata di Eliodoro dal Tempio e L’incontro di Attila e Leone Magno, ma come
nella Liberazione di san Pietro dal carcere e nella Messa di Bolsena, anche
utilizzando gli effetti di luce e di ombra. Nella Stanza dell’Incendio di Borgo
l’insieme risulta meno unitario che nelle altre stanze, mentre è evidentemente
piú forte l’interesse per il movimento e per una nuova complessità della
rappresentazione sia nell’Incendio di Borgo sia nell’Incoronazione di Carlo
Magno. Del tutto diversa l’atmosfera dei sette cartoni che rappresentano alcuni
episodi degli Atti degli Apostoli (Londra,vam), preparatori per gli Arazzi degli
Atti degli Apostoli (Musei Vaticani), dove la misura classica raggiunge una
pienezza quasi astratta. Le Logge, al contrario, imprimono nuova vita al
patrimonio ornamentale dell’antico.
Le committenze
Chigi Il banchiere senese
Agostino Chigi (1465-1520), personalità di prima importanza a Roma, fu dopo il
papa il principale mecenate di R. L’artista dipinse l’affresco con il Trionfo di
Galatea (1511) per la villa del Chigi alla Lungara, poi detta la Farnesina,
progettata da Baldassarre Peruzzi. R fu incaricato anche della decorazione della
cappella di famiglia in Santa Maria della Pace dove dipinse le Sibille (1514), e
progettò per l’altare la Resurrezione di cui aveva eseguito disegni, e
della intera realizzazione della cappella funeraria in Santa Maria del Popolo.
Per quest’ultima egli fornì il progetto architettonico, i disegni per i mosaici
della cupola (Eterno Padre e i Pianeti, 1516) e per la statua di Giona scolpita
da Lorenzo Lotti detto Lorenzetto. R lasciò incompiuta la decorazione delle due
cappelle; un altro insieme, gli affreschi delle volte della Loggia di Psiche
alla Farnesina, eseguiti nel 1517, nonostante l’esecuzione in gran parte non
autografa e le alterazioni subite nel tempo, restano un modello ineguagliabile
della decorazione
di villa nel rinascimento.
Dipinti di soggetto sacro, pale e ritratti
Nei dodici anni che egli trascorse a Roma non trascurò il genere di opere che lo
aveva tanto occupato in precedenza: pale d’altare, quadri di devozione e
ritratti. La Madonna di Foligno (1511-12: pv, commissionata da Sigismondo de’
Conti per Santa Maria in Aracoeli), la Madonna Sistina (1513-14: Dresda, gg),
per la chiesa benedettina di San Sisto a Piacenza, la Santa Cecilia (1514:
Bologna, pn, il cui patrocinio ebbe origine nella cerchia spirituale della beata
Elena Duglioli e dei canonici regolari di San Giovanni in Monte a Bologna), la
Madonna del pesce (1514 ca.: Madrid, Prado), l’Andata al Calvario o Spasimo di
Sicilia (1517: ivi) sono esempi di una pittura sacra assurta a un nuovo dominio,
alto e intenso, dell’espressione; a un’arte sovrastorica del rappresentare il
dogma che cresce con il grandeggiare dell’invenzione e con la sonorità profonda
del colore, fino al sublime apice della Trasfigurazione (1517-1520: Roma, pv)
commissionata dal cardinale Giulio de’ Medici (poi Clemente VII) per la
Cattedrale di Narbona, ancora incompiuta al momento della morte dell’artista ed
esposta sopra il suo catafalco.
Analogamente, nei quadri sacri di destinazione
privata, R abbandona la maniera semplice, naturale e serena, tipica della fase
fiorentina, per un’animazione piú complessa che si riflette in un nuovo
dinamismo delle composizioni: la Madonna del diadema (Parigi, Louvre), la
Madonna d’Alba (Washington,ng) e soprattutto la Madonna della seggiola (Firenze,
Uffizi) e la Madonna della tenda (Monaco, ap), opere in cui le immagini si
accostano ed entrano in rapporto grazie a una scienza dell’armonia ormai senza
pari. Nella Sacra Famiglia di Francesco I (Parigi, Louvre), datata 1518, questo
stile raggiunge una misura monumentale. R trasfuse la stessa immaginazione e la
stessa forza nei suoi ritratti, che occorrerebbe citare singolarmente dato che
l’artista inventa ogni volta nuove soluzioni (Ritratto di cardinale: Madrid,
Prado; Giulio II: Londra, ng; Tommaso Inghirani: Firenze, Pitti).
All’apice del
genere: il ritratto di Baldassarre Castiglione (1515 ca.: Parigi, Louvre),
modello del gentiluomo umanista, e La Velata (1516 ca.: Firenze, Pitti) che ne è
come l’equivalente femminile; Raffaello e il suo maestro d’arme (1518 ca.:
Parigi, Louvre; l’identificazione del personaggio in primo piano come il maestro
d’arme permane comunque incerta) e Leone X e due cardinali (1518-19: Firenze,
Uffizi) testimoniano gli estremi interessi dell’artista per il ritratto a
due o a tre personaggi di un taglio incredibilmente moderno e pieno di avvenire.
I disegni
Raffaello è celebre come disegnatore forse altrettanto che come pittore; si
comprende dunque che i suoi disegni siano stati precocemente e avidamente
raccolti: l’Ashmolean Museum di Oxford, Windsor Castle, il bm, il Louvre, gli
Uffizi, l’Albertina, i musei di Lille, Francoforte, Bayonne ne conservano nuclei
particolarmente importanti. L’artista occupa inoltre un luogo di rilievo anche
nella storia dell’incisione. Non perché sia stato egli stesso un incisore ma per
la sua collaborazione con Marcantonio Raimondi, cui dobbiamo se ci sono
pervenute alcune invenzioni raffaellesche che altrimenti ci sarebbero
rimaste sconosciute, come l’ammirevole Giudizio di Paride. Tale diffusione
attraverso la stampa ha contribuito in un modo che è impossibile sottovalutare
ad accrescere l’importanza storica di R. L’apprezzamento dell’arte di R, già di
per sé non agevole, è stato reso piú difficile dal confronto inevitabile tra
l’urbinate e Michelangelo, già peraltro comune al loro tempo. Il senso
infallibile dell’equilibrio, l’interiore misura che domina anche l’ampiezza
retorica la piú grandiosa, la personalità riservata di R, sembrano soffrire al
confronto, ma queste qualità sono in realtà inseparabili da una straordinaria
fertilità d’invenzione. Lo stupefacente potere sia di assimilazione sia di
adattamento, congiunto alla profondità del genio, concorrono a rendere l’opera
di R non un’enciclopedia, ma una sintesi della rinascenza classica e
l’espressione definitiva dell’umanesimo nell’arte.
Negli ultimi decenni gli studi raffaelleschi non hanno certo perduto di vitalità
ed anzi hanno attinto ulteriori motivazioni dalle iniziative – mostre, convegni
ecc. – promosse in tutto il mondo in occasione del quinto centenario della
nascita di R. Tra i problemi ha trovato nuovi spazi di discussione quello della
formazione dell’artista e del suo ingresso nella bottega di Perugino, le sue
ipotizzate presenze a Firenze prima del 1504 (favorite, secondo alcuni, dai
frequenti viaggi nella città toscana del Perugino sia per ragioni familiari che
di lavoro).
La tendenza a considerare la formazione di R in rapporto alla
cultura artistica fiorentina tra la fine del Quattrocento e l’inizio del
Cinquecento, tra gli estremi rappresentati da una tesi marcatamente «fiorentina»
(Becherucci) e una marcatamente umbra (Oberhuber), ha determinato piú
recentemente, tra altre ipotesi intermedie, quella che vede R operare fino al
1504 prevalentemente nell’ambito di maestri quali Perugino, Pinturicchio e
Signorelli, ma rilevando anche interesse per la cultura fiorentina, documentato
tra l’altro, dallo studio giovanile con varianti del San Giovanni di Donatello
in Santa Maria del Fiore (Parigi, Louvre), e dal disegno di Lille (mba)
preparatorio alla pala di san Nicola da Tolentino che presuppone la conoscenza
di esisti fiorentini nello studio della figura umana (Gregori). L’ipotesi di un
viaggio a Roma precedente al periodo fiorentino, tra il 1502 e il 1503, forse
con l’appoggio di Giovanna Feltria Della Rovere, è stata inoltre
formulata in relazione alle vedute del Panthéon in un foglio degli Uffizi,
esaminate in rapporto al Codex Excurialensis (Shearman).
L’intervento nella fase preparatoria delle storie della Libreria Piccolomini a
Siena ha trovato conferma, oltre che in due cartonetti raffiguranti La partenza
di Enea Silvio Piccolomini per il concilio di Basilea (Firenze, Uffizi), in cui
è stato notato il riferimento a Leonardo nella rappresentazione dei cavalli, e
L’incontro di Federico III con la sposa Eleonora del Portogallo (già in casa
Baldeschi), in alcuni disegni (Uffizi, Louvre, Ashmolean Museum) relativi a
figure e putti reggiscudi restituiti a R dopo essere stati a lungo ascritti a
Pinturicchio. Problematica infine l’intepretazione del rapporto con Fra
Bartolomeo, del quale divenne amico negli anni fiorentini.
Nel campo delle
ricerche iconologiche si è giunti alla formulazione di nuove ipotesi
interpretative, in relazione tra l’altro alla Trasfigurazione per la Cattedrale
di Narbona. Pur confermando che non può trattarsi di un’allegoria polemica della
Riforma luterana, non fosse altro per ragioni cronologiche, si è osservato che
«La fine del 1516, ossia il periodo in cui si crede che fu commissionato il
quadro di R, era... un momento adatto per ricordare ai recalcitranti francesi
l’autorità di San Pietro e dei suoi successori» (Gombrich, secondo cui a san
Pietro spetta nel quadro una posizione centrale).
Arricchimento di grande
rilievo del corpus pittorico raffaellesco è stato il ritrovamento in una
collezione privata francese della figura di un angelo, acquisita nel 1981 dal
Louvre e riconosciuta ulteriore frammento autografo della pala d’altare
raffigurante L’Incoronazione di san Nicola da Tolentino (Béguin), commisionata
da Andrea di Tommaso Baronci il 10 dicembre 1500 a R e a Evangelista di Pian di
Meleto (antico collaboratore del padre Giovanni Santi), per la sua cappella
nella chiesa di Sant’Agostino in Città di Castello. Nel frammento recentemente
ritrovato la testa dell’angelo col filatterio, che doveva rivolgersi verso la
Madonna, ha un’attitudine quasi implorante e pietistica, che si presenta come
un’imprevedibile novità in confronto all’angelo di Brescia; fatto che dimostra,
nella sua diversità, che R cercava di variare, piuttosto che di tipizzare,
a differenza di Perugino, le espressioni fisionomiche. La presenza di un modello
molto prossimo alla testa dell’Angelo del Louvre nella figura di Tobiolo (Tobiolo
tenuto per mano dall’arcangelo Raffaele; Londra, ng) e in quella dell’angelo
nella Madonna in adorazione del Bambino (ivi), scomparti del polittico eseguito
nel 1499 da Perugino per l’altare di San Michele (seconda cappella sinistra)
della Certosa di Pavia, ha fatto ipotizzare l’utilizzazione di uno stesso
cartone (Gregori).
La determinazione dell’anno in cui ebbero luogo le nozze di Lorenzo Nasi con
Sandra di Matteo Canigiani, in occasione delle quali, secondo quanto scrive
Vasari, R dipinse la Madonna del Cardellino, potrebbe spostare il dipinto entro
il 1505 o al piú tardi entro il 23 febbraio 1506, dunque alla prima fase
fiorentina e in anticipo di due anni rispetto alla Madonna del Belvedere e alla
Bella Giardiniera. Indagini radiografiche e interventi di restauro hanno inoltre
consentito una piú ampia e approfondita lettura di alcune opere, rilevando fasi
esecutive preliminari e nuovi dati oggettivi, oltre che elementi preziosi per
verificarne l’autografia. Nel caso della Madonna del Granduca, solitamente
collocata negli anni 1504-505, le analisi radiografiche hanno rivelato al di
sotto della superficie unita scura, forse dipinta in un momento successivo, la
presenza di elementi architettonici (tra i quali una finestra aperta sul
paesaggio che si ritrova anche nello sfondo della Sacra Famiglia di San
Pietroburgo e la Madonna d’Orléans di Chantilly, entrambe databili 1506-507) che
giustificano una datazione entro il 1506. Nel caso del Ritratto di Maddalena
Doni le radiografie suggeriscono l’esistenza sulla destra di un paesaggio visto
attraverso una finestra. In seguito modificato da R per conformarlo al ritratto
di Agnolo Doni, esso costituirebbe dunque il primo dei due ritratti dei coniugi
Doni cui è stata recentemente riferita (1984) una tavoletta copriritratto
(Uffizi). Dopo la recente pulitura della Bella Giardiniera è stata riproposta,
in accordo a Passavant, la lettura 1508 della data, posticipando cosí di un anno
la datazione comunemente accettata (Béguin). La riflettografia a infrarossi ha
infine rivelato in alcuni casi lo spolvero o il disegno. Come per
l’Autoritratto, il disegno sottostante alla superficie pittorica del Ritratto di
Tommaso Inghirami, i cui tratti che si accompagnano a tracce di spolvero
unicamente visibili sulle dita della mano sinistra sono eccezionalmente sicuri e
modellanti, ha fornito secondo alcuni studiosi elementi consistenti per
confermarne pienamente l’autografia (Gregori).
Anche nel campo dei disegni i
nuovi studi hanno condotto oltre che al riesame di disegni problematici, alla
scoperta di alcuni importanti inediti. Tra questi, uno schizzo per la Messa di
Bolsena, scoperto nel distacco di un antico montaggio; uno studio a punta
metallica correlato al Sacrificio a Listra, conosciuto in precedenza tramite una
copia, entrambi conservati al Louvre; lo studio preparatorio di Amore e Psiche
per la Farnesina (Torino, Bibl. reale); sul verso
dello stesso foglio un disegno dall’antico, la raffigurazione purtroppo
frammentaria della cosiddetta Sabina grande, ora nella Loggia de’ Lanzi a
Firenze e, inoltre, una Lucrezia di collezione privata americana, tratta da un
prototipo antico non pervenuto.