Figlio di don José Luis Ruiz Blasco, insegnante di disegno e composizione
artistica nonché curatore museale, e di Maria P y Lopez, il piccolo Pablo Ruiz (che
presto sceglierà per sé il cognome materno per ostilità verso il padre) è
costretto a seguire la famiglia nei continui spostamenti di residenza causati
dai trasferimenti del padre. P mostra fin dall’infanzia una innata disposizione
per l’arte: anche se manifesta versatilità e creatività la sua prima formazione
è accademica e tradizionale. Infatti nel 1895 Ruiz viene chiamato alla Scuola
La Lonja di Barcellona e il figlio è ammesso ai corsi superiori di disegno dal
vero nonostante non abbia i vent’anni richiesti.
Nel 1896 realizza opere di stampo accademico come Prima Comunione, tanto
tradizionale da essere accettata all’Esposizione municipale di Barcellona. Il
suo primo studio è emblematicamente collocato di fronte a una casa costruita
dall’architetto Gaudì in calle Conde de Asalto quasi a voler indicare quegli
influssi della cultura catalana, caratterizzata da un profondo sincretismo
artistico, che non tarderanno a farsi sentire nella sua opera.
Il linguaggio dell’Art Nouveau, quello di Munch, di Beardsley o di Toulouse
Lautrec (Ballerina nana, 1901: Barcellona, Museo P) sono fondamentali per la sua
evoluzione stilistica tanto quanto il confronto con i grandi maestri spagnoli
del passato: Greco, Zubaràn e lo studio della scultura medievale della Catalogna,
altissimo esempio di classicismo trecentesco. Nel 1897 soggiorna brevemente a
Madrid dove ha modo di visitare il Prado. Sempre nel ’97 viene aperto a
Barcellona un cabaret, El Quatre Gats, che diventa immediatamente il fulcro
della vita artistica e intellettuale dell’avanguardia cittadina.
P sembra aver vissuto profondamente la miseria materiale e morale delle
prostitute e degli alcolisti che affollavano i cabaret e le case d’appuntamento
del Barrio Chino, che saranno protagonisti e tema centrale del periodo blu
(1901-905).
Nel 1901 si reca per la prima volta a Parigi, dove raggiunge Isidoro Nonell,
pittore catalano al quale è piú vicino che ad altri, ma il cui influsso sulla
sua formazione è assai superficiale. Torna a Parigi nel 1901 e nel 1902
istallandovisi definitivamente; malgrado l’atmosfera parigina di certe tele del
periodo (La donna col bicchiere d’assenzio, 1901: coll. priv.; la Tinozza, 1901:
Washington, coll. Philips; Al Lapin agile, 1905: coll. priv.), la sua produzione
rimane fino al 1907 quella di un pittore spagnolo, di un giovane di grandi
possibilità espressive che fa a Parigi in solitudine il suo apprendistato
internazionale, e assimila con la piú sconcertante facilità le influenze piú
diverse: Lautrec, Gauguin (La vita, 1903: Cleveland, ma), Carriere (Madre e
figlio, 1903: Barcellona, Museo P), Puvis de Chavannes (Maternità sul bordo del
mare, 1902: coll. priv.); P trova ispirazione sia nell’estetismo decorativo dei
Nabis (Arlecchino accovacciato, 1901: coll. priv.), sia nell’arte greca
l’Abbeveratoio, punta secca), che nella grande tradizione artistica ispanica (Il
vecchio chitarrista, 1903: Chicago, Art Institute; Ritratto della signora
Canals, 1905: Barcellona, Museo P).
Dopo le opere del periodo blu che rappresentano un’umanità delusa, malata,
stanca ed amaciata, provata dalla vita e dalle miserie in una sorta di afflato
spirituale laico (Coppia, 1904: Ascona, coll. priv.; la Stiratrice, 1904: New
York, Guggenheim; il Pasto frugale, acquaforte, 1904), il periodo rosa evoca con
meno asprezza, ma con la stessa intensa partecipazione e intensione decorativa e
di essenzialità formale, il mondo del circo e dei vagabondi (Famiglia di
acrobati con la scimmia, 1905: Museo di Göteborg; Acrobata con la palla: Mosca,
Museo Pu∫kin; i Battellieri: Washington, ng; Bambino e saltimbanco seduti:
Zurigo, kh).
Fino al 1906 momento in cui si chiude il periodo rosa, la pittura di P è
spontanea, indifferente ai problemi puramente plastici e l’artista non sembra
interessato alle ricerche della contemporanea pittura. Dal 1905, e forse già
sotto l’influsso di Cézanne, appare preoccupato di dare peso e semplificare i
volumi, meno nelle sculture (il Folle, 1905) che nelle opere del periodo
ellenizzante (Giovane uomo nudo che conduce un cavallo: New York, moma). Ma la
rottura con il manierismo decorativo che ne caratterizzava le prime opere, ha
luogo nell’estate del 1906 durante il suo soggiorno a Gosol (Andorra), nel corso
del quale possiamo collocare la sua conversione al «primitivismo» affettiva e
formale che non cesserà di emergere a intervalli piú o meno regolari nel corso
della sua carriera.
Al ritorno da Gosol, P termina l’intenso e aggressivo Ritratto di Gertrude Stein
(New York, mma), dipinge le già mostruose barbare Donne nude (New York, moma) e
lavora per tutto l’inverno alle Demoiselles d’Avignon (ivi), tela estremamente
complessa in cui l’artista fonde l’influenza di Cézanne, quella della scultura
iberica e dell’arte negra, e che costituisce incontestabilmente, benché
l’artista abbia sostenuto il contrario, una della fonti principali del cubismo.
Dal 1907 al 1914, P lavora con Braque in una collaborazione cosí stretta che non
è ancor oggi possibile decifrare il singolo apporto dato dai due artisti
all’elaborazione delle diverse
tappe del cubismo. Dopo un periodo cézanniano esemplificato dal Ritratto di
Clovis Sagot (primavera del 1909: Amburgo), si concentra sulla riduzione delle
forme a solidi geometrici (Fabbriche ad Horta de Ebro, estate 1909: San
Pietroburgo, Ermitage), accentuando la riduzione della forma a solidi geometrici,
gonfiando e spezzando i volumi come nel ritratto del 1910 del collezionista
Kahnweiler (Chicago, Art Institute), uno dei suoi primi grandi mercanti. La
prospettiva scompare, la tavolozza tende al monocromo sfruttando però le gamme
degli ocra e delle terre, e benché lo spirito iniziale del cubismo sia il
sentimento della realtà, i dipinti risultano rebus indecifrabili.
P e Braques che hanno fatto propri i principî della relatività e delle geometrie
non euclidee introducendo nell’opera d’arte la continuità spazio-temporale, dopo
il 1912 reintrodurranno prima Braque e poi P all’interno dello spazio del quadro
degli elementi estrapolati dal contesto quotidiano: pezzetti di carta, giornali,
plastica, tappezzerie (L’Aficionado, 1912: Bâle, mba; Natura morta con sedia
impagliata, 1912: Parigi, Museo P), elementi in trompe l’oeil dell’oggetto e
inserzioni di lettere, cifre e frammenti di giornale. La tecnica del collage
porta P a ricomporre lo spazio prismatico del cubismo in larghi piani
giustapposti in superficie e in apparenza arbitrari (Violino e chitarra, 1913:
Philadelphia, am) o ad interpretare in modo disteso e umoristico le scoperte
degli anni 1910-13 (Ritratto di ragazza, 1914: Parigi, mnam).
Il periodo propriamente cubista si chiude poco prima dell’inizio della prima
guerra mondiale, avvenimento che lo separa da Braque, anche se l’artista
utilizzerà fino al 1921 certi procedimenti cubisti in alcune opere di rilievo (Tre
musicisti, 1921: New York, moma).
Nel 1917, Jean Cocteau convince P ad accompagnarlo a Roma per eseguire la
scenografia del balletto Parade scritto da Cocteau e musicato da E. Satie. La
collaborazione con i Balletti russi (scenografia e costumi per Tricorne, 1919;
Pulcinella, 1920), riapre un periodo di ricerca decorativa che l’artista aveva
accantonato, ricordando opere della sua prima attività (Arlecchino, 1913: Parigi,
mnam). «Passéiste à dessein», come lo definì Leon Bakst, la scena di Parade
manifesta il ritorno, annunciato già nel 1915 (Ritratto di Vollard, disegno), a
un’arte deliberatamente realista, a un disegno scrupoloso ed elegante, definito
in modo improprio come «ingresiano», a forme monumentali dell’arte antica (Tre
donne alla fontana, 1921: New York, moma) in cui recupera un’impronta
popolaresca (i Flauti di Pan, 1923: Parigi, Museo P), e uno spirito epico
buffonesco (Due donne corrono sulla spiaggia, 1922: ivi).
Il clima euforico e conservatore della Parigi del dopoguerra, e i successi
ottenuti dall’artista, sono la cornice in cui si apre una fase in cui al
permanere degli aspetti cubisti in quadri di natura morta (Mandolino e chitarra,
1924: si accompagna una vena figurativa incentrata su un
disegno attento, di sapore «pompeiano» e monumentale (Donna in bianco: 1923: New
York, moma), oltre ai numerosi ritratti (Ritratto di Olga, pastello, 1923: coll.
priv.) e di suo figlio (Pablo e Pietro, 1925: Parigi, Museo P) che sono tra le
opere piú seducenti che l’artista abbia dipinto. In queste opere si manifesta
per la prima volta in P una disposizione artistica che non farà che accentuarsi
col tempo e comune ad altri contemporanei nel periodo tra le due guerre: una
curiosità verso gli stili del passato.
Nel 1925 si decide una nuova rottura e l’inizio del periodo piú complesso, piú
tormentato della produzione dell’artista. Dopo l’eleganza epicurea degli anni
Venti, la Danza (Londra, Tate Gall.), introduce lo spettatore in un’atmosfera
convulsa e isterica, in un clima irreale e onirico che può spiegarsi con
l’influsso dei poeti surrealisti e che si scorge nel contempo in alcuni poemi
scritti nel 1935 e in un pezzo teatrale del periodo della guerra (Desiderio
attrappé par la queue).
Durante questo periodo P sembra partorire delle creature mostruose: deforma i
volti, i corpi, produce mutazioni sia scultoree che grafiche: figurazioni
ipertrofiche (Bagnante seduta, 1929: New York, moma), o disarticolate dove è
evidente il processo metamorfico (Donna in poltrona, 1929: Parigi, Museo P), e
nelle quali la simbologia sessuale è molto forte (Figure lungo la riva del mare,
1931: ivi).
In questo periodo cominciano i suoi studi; nel 1927 conosce la giovane Marie
Thérèse Walter che nel 1934 gli darà la figlia Maya; Marie Thérèse bionda e
voluttuosa e Dora Maar (Markovic) bruna e malinconica entrano nella sua vita,
parallelamente a Olga. Saranno le sue muse durante gli anni Trenta, anni nei
quali, chiusasi la parentesi surrealista e l’idillio con il Pof, P avverte la
necessità di una svolta. Grande nudo in poltrona rossa, Donna sulla poltrona
rossa, sono opere dolenti nelle quali il corpo della donna, monumentale e
ieratico tende al grottesco. Braccia tentacolari, seni avvolgenti insistono
sulla grande metafora ossessiva della Donna, pian piano però, la ricerca si
affina e il corpo diviene piú sottile e morbido e le figure antropomorfe si
geometrizzano semplificandosi (Donna che getta una pietra, 1931).
Dal 1930 al 1934 è nella scultura che P esprime la piú alta vitalità creativa:
busti e nudi femminili che si ispirano talvolta a Matisse (Donna che dorme,
1932), animali e piccoli personaggi surreali (Uomo con un mazzolino, 1934) e
soprattutto, le costruzioni metalliche, oscillanti tra l’astrazione e il
riferimento reale, realizzate con materiali di riuso che eseguì con l’aiuto
dello scultore spagnolo Julio Gonzalez (Costruzione, 1931). Accanto a queste
forme strane e puntute, si affianca l’impegno grafico dell’artista; P illustra
le Metamorfosi di Ovidio (1930) e la Lisistrata di Aristofane (1934), opere che
manifestano il permanere di richiami classici.
Dopo il soggiorno in Spagna nel 1933 e 1934 il tema della tauromachia
costituisce un fondamentale richiamo letterario nell’opera di P; il Minotauro,
torna con insistenza nella serie di incisioni eseguite nel 1935 (Minotauromachia).
È ancora il tema centrale poi di Guernica, celeberrima opera che P esegue
qualche settimana dopo il bombardamento dell’aviazione tedesca della piccola
città basca, e che demarca l’inizio del suo attivismo politico (Madrid, Prado,
Casón). L’angoscia di P davanti alla barbarie che minaccia l’Europa, il suo
orrore della guerra e del fascismo, non è espresso didascalicamente, ma si
trasfigura nelle tonalità angosciose e funebri (Pesca di notte ad Antibes, 1939:
New York, moma), nell’intensità amara e sarcastica che traspare nei ritratti dei
bambini di questo periodo (Maya e la sua bambola, 1938: Parigi, Museo P). Ancora
una volta è la figura femminile ad essere il mezzo attraverso cui l’artista dà
sfogo al suo pessimismo. La misoginia di P deforma la bella Dora, sotto astrusi
cappelli il suo volto sembra un ectoplasma rosa (Donna che piange, 1937: Londra,
coll. priv.; Donna acconciata con un cappello a forma di pesce).
L’occupazione tedesca, P è a Parigi dal 1940 al 1944, non distoglie l’artista
dal suo lavoro: ritratti, sculture (Uomo con montone), nature morte fameliche
evocano con tragica espressività gli orrori dell’epoca (Natura morta con cranio
di bue, 1942: Düsseldorf, knw). Le opere tragiche terminano con Il carnaio
(1944-45: New York, moma), e in questi anni P rende pubblica la sua adesione
(1944) al partito comunista, anche se non sembra particolarmente convinto del
programma figurativo che il partito si aspetta da lui (Massacro in Corea, 1951);
ma la testimonianza piú importante del suo impegno è rappresentata dalla Colomba
simbolo del Congresso Mondiale per la Pace (Parigi 1949).
Dopo la guerra, P ormai famoso lancia una nuova sfida. I suoi ultimi anni
saranno spesi a rielaborare rileggendo con il suo personale e autonomo codice le
grandi opere degli artisti del passato, rivisitando l’opera di Manet, Cézanne,
Poussin, Velázquez, El Greco. Si sposa con Françoise Gilot, madre di Claude e
Paloma e vive nel mezzogiorno prima a Vallauris, poi a Cannes, a Vauvernagues e
definitivamente a Mugins. Dipinge opere «mediterranee», quadri familiari (La
gioia di vivere: Antibes, Museo P), e sperimenta nuove tecniche; esegue numerose
incisioni e litografie (circa 200 grandi formati tra il novembre 1945 e l’aprile
1949), oltre a un cospicuo numero di affiches, xilografie e ceramiche,
interessato alla manualità del mestiere artistico, nell’autunno del 1947, lavora
a Vallauris per la fabbrica «Madoura» realizzando piatti, scodelle, brocche.
Realizza sculture importanti, La capra (1950: Parigi, Museo P); La scimmia col
piccolo (1951).
Nel 1953 si separa da Françoise e cade in una crisi morale che gli ispira una
serie di disegni sulla vecchiaia. A 75 anni incontra Jacqueline Roque, che
sposerà nel 1958, che riaccende la sua ispirazione. La produzione dell’ultimo
quindicennio è segnata dalla riflessione sul passato: la serie di rielaborazioni
sul soggetto di Las meninas (1957: Barcellona, Museo P) per esempio. Alla metà
degli anni Sessanta allenta la riflessione sul passato (a parte gli ultimi
autoritratti in cui il suo volto è coperto dalle maschere ispirate dagli artisti
piú amati) per rappresentare spadaccini, toreri, moschettieri. Poi il suo
universo si rivolge su se stesso, si esamina, si studia: ha compiuto nel 1961
ottanta anni. La tavolozza cambia registro acquisendo delle tonalità inedite,
nostalgiche. Colori brillanti che possono diventare in un attimo cupi scintillii
che si smorzano.
Tra le sue ultime opere il Vecchio seduto (1970) e Personaggio con uccello
(1973). La città di Barcellona grazie a una cospicua donazione di opere da parte
dell’artista nel 1970, ha potuto aprire il Museo P; a Parigi il museo dedicato
all’artista è stato inaugurato nel 1985 e conserva un insieme di dipinti (piú di
200), sculture (158), papier collés, disegni, stampe e documenti, oltre che la
collezione personale di P.