5/12/2020

Pablo Ruìz Picasso (Malaga 1881 - Mougins 1973)

Figlio di don José Luis Ruiz Blasco, insegnante di disegno e composizione artistica nonché curatore museale, e di Maria P y Lopez, il piccolo Pablo Ruiz (che presto sceglierà per sé il cognome materno per ostilità verso il padre) è costretto a seguire la famiglia nei continui spostamenti di residenza causati dai trasferimenti del padre. P mostra fin dall’infanzia una innata disposizione per l’arte: anche se manifesta versatilità e creatività la sua prima formazione è accademica e tradizionale. Infatti nel 1895 Ruiz viene chiamato alla Scuola La Lonja di Barcellona e il figlio è ammesso ai corsi superiori di disegno dal vero nonostante non abbia i vent’anni richiesti.


Nel 1896 realizza opere di stampo accademico come Prima Comunione, tanto tradizionale da essere accettata all’Esposizione municipale di Barcellona. Il suo primo studio è emblematicamente collocato di fronte a una casa costruita dall’architetto Gaudì in calle Conde de Asalto quasi a voler indicare quegli influssi della cultura catalana, caratterizzata da un profondo sincretismo artistico, che non tarderanno a farsi sentire nella sua opera.

Il linguaggio dell’Art Nouveau, quello di Munch, di Beardsley o di Toulouse Lautrec (Ballerina nana, 1901: Barcellona, Museo P) sono fondamentali per la sua evoluzione stilistica tanto quanto il confronto con i grandi maestri spagnoli del passato: Greco, Zubaràn e lo studio della scultura medievale della Catalogna, altissimo esempio di classicismo trecentesco. Nel 1897 soggiorna brevemente a Madrid dove ha modo di visitare il Prado. Sempre nel ’97 viene aperto a Barcellona un cabaret, El Quatre Gats, che diventa immediatamente il fulcro della vita artistica e intellettuale dell’avanguardia cittadina.

P sembra aver vissuto profondamente la miseria materiale e morale delle prostitute e degli alcolisti che affollavano i cabaret e le case d’appuntamento del Barrio Chino, che saranno protagonisti e tema centrale del periodo blu (1901-905).

Nel 1901 si reca per la prima volta a Parigi, dove raggiunge Isidoro Nonell, pittore catalano al quale è piú vicino che ad altri, ma il cui influsso sulla sua formazione è assai superficiale. Torna a Parigi nel 1901 e nel 1902 istallandovisi definitivamente; malgrado l’atmosfera parigina di certe tele del periodo (La donna col bicchiere d’assenzio, 1901: coll. priv.; la Tinozza, 1901: Washington, coll. Philips; Al Lapin agile, 1905: coll. priv.), la sua produzione rimane fino al 1907 quella di un pittore spagnolo, di un giovane di grandi possibilità espressive che fa a Parigi in solitudine il suo apprendistato internazionale, e assimila con la piú sconcertante facilità le influenze piú diverse: Lautrec, Gauguin (La vita, 1903: Cleveland, ma), Carriere (Madre e figlio, 1903: Barcellona, Museo P), Puvis de Chavannes (Maternità sul bordo del mare, 1902: coll. priv.); P trova ispirazione sia nell’estetismo decorativo dei Nabis (Arlecchino accovacciato, 1901: coll. priv.), sia nell’arte greca l’Abbeveratoio, punta secca), che nella grande tradizione artistica ispanica (Il vecchio chitarrista, 1903: Chicago, Art Institute; Ritratto della signora Canals, 1905: Barcellona, Museo P).

Dopo le opere del periodo blu che rappresentano un’umanità delusa, malata, stanca ed amaciata, provata dalla vita e dalle miserie in una sorta di afflato spirituale laico (Coppia, 1904: Ascona, coll. priv.; la Stiratrice, 1904: New York, Guggenheim; il Pasto frugale, acquaforte, 1904), il periodo rosa evoca con meno asprezza, ma con la stessa intensa partecipazione e intensione decorativa e di essenzialità formale, il mondo del circo e dei vagabondi (Famiglia di acrobati con la scimmia, 1905: Museo di Göteborg; Acrobata con la palla: Mosca, Museo Pu∫kin; i Battellieri: Washington, ng; Bambino e saltimbanco seduti: Zurigo, kh).

Fino al 1906 momento in cui si chiude il periodo rosa, la pittura di P è spontanea, indifferente ai problemi puramente plastici e l’artista non sembra interessato alle ricerche della contemporanea pittura. Dal 1905, e forse già sotto l’influsso di Cézanne, appare preoccupato di dare peso e semplificare i volumi, meno nelle sculture (il Folle, 1905) che nelle opere del periodo ellenizzante (Giovane uomo nudo che conduce un cavallo: New York, moma). Ma la rottura con il manierismo decorativo che ne caratterizzava le prime opere, ha luogo nell’estate del 1906 durante il suo soggiorno a Gosol (Andorra), nel corso del quale possiamo collocare la sua conversione al «primitivismo» affettiva e formale che non cesserà di emergere a intervalli piú o meno regolari nel corso della sua carriera.

Al ritorno da Gosol, P termina l’intenso e aggressivo Ritratto di Gertrude Stein (New York, mma), dipinge le già mostruose barbare Donne nude (New York, moma) e lavora per tutto l’inverno alle Demoiselles d’Avignon (ivi), tela estremamente complessa in cui l’artista fonde l’influenza di Cézanne, quella della scultura iberica e dell’arte negra, e che costituisce incontestabilmente, benché l’artista abbia sostenuto il contrario, una della fonti principali del cubismo.

Dal 1907 al 1914, P lavora con Braque in una collaborazione cosí stretta che non è ancor oggi possibile decifrare il singolo apporto dato dai due artisti all’elaborazione delle diverse tappe del cubismo. Dopo un periodo cézanniano esemplificato dal Ritratto di Clovis Sagot (primavera del 1909: Amburgo), si concentra sulla riduzione delle forme a solidi geometrici (Fabbriche ad Horta de Ebro, estate 1909: San Pietroburgo, Ermitage), accentuando la riduzione della forma a solidi geometrici, gonfiando e spezzando i volumi come nel ritratto del 1910 del collezionista Kahnweiler (Chicago, Art Institute), uno dei suoi primi grandi mercanti. La prospettiva scompare, la tavolozza tende al monocromo sfruttando però le gamme degli ocra e delle terre, e benché lo spirito iniziale del cubismo sia il sentimento della realtà, i dipinti risultano rebus indecifrabili.

P e Braques che hanno fatto propri i principî della relatività e delle geometrie non euclidee introducendo nell’opera d’arte la continuità spazio-temporale, dopo il 1912 reintrodurranno prima Braque e poi P all’interno dello spazio del quadro degli elementi estrapolati dal contesto quotidiano: pezzetti di carta, giornali, plastica, tappezzerie (L’Aficionado, 1912: Bâle, mba; Natura morta con sedia impagliata, 1912: Parigi, Museo P), elementi in trompe l’oeil dell’oggetto e inserzioni di lettere, cifre e frammenti di giornale. La tecnica del collage porta P a ricomporre lo spazio prismatico del cubismo in larghi piani giustapposti in superficie e in apparenza arbitrari (Violino e chitarra, 1913: Philadelphia, am) o ad interpretare in modo disteso e umoristico le scoperte degli anni 1910-13 (Ritratto di ragazza, 1914: Parigi, mnam).

Il periodo propriamente cubista si chiude poco prima dell’inizio della prima guerra mondiale, avvenimento che lo separa da Braque, anche se l’artista utilizzerà fino al 1921 certi procedimenti cubisti in alcune opere di rilievo (Tre musicisti, 1921: New York, moma).

Nel 1917, Jean Cocteau convince P ad accompagnarlo a Roma per eseguire la scenografia del balletto Parade scritto da Cocteau e musicato da E. Satie. La collaborazione con i Balletti russi (scenografia e costumi per Tricorne, 1919; Pulcinella, 1920), riapre un periodo di ricerca decorativa che l’artista aveva accantonato, ricordando opere della sua prima attività (Arlecchino, 1913: Parigi, mnam). «Passéiste à dessein», come lo definì Leon Bakst, la scena di Parade manifesta il ritorno, annunciato già nel 1915 (Ritratto di Vollard, disegno), a un’arte deliberatamente realista, a un disegno scrupoloso ed elegante, definito in modo improprio come «ingresiano», a forme monumentali dell’arte antica (Tre donne alla fontana, 1921: New York, moma) in cui recupera un’impronta popolaresca (i Flauti di Pan, 1923: Parigi, Museo P), e uno spirito epico buffonesco (Due donne corrono sulla spiaggia, 1922: ivi).

Il clima euforico e conservatore della Parigi del dopoguerra, e i successi ottenuti dall’artista, sono la cornice in cui si apre una fase in cui al permanere degli aspetti cubisti in quadri di natura morta (Mandolino e chitarra, 1924: si accompagna una vena figurativa incentrata su un disegno attento, di sapore «pompeiano» e monumentale (Donna in bianco: 1923: New York, moma), oltre ai numerosi ritratti (Ritratto di Olga, pastello, 1923: coll. priv.) e di suo figlio (Pablo e Pietro, 1925: Parigi, Museo P) che sono tra le opere piú seducenti che l’artista abbia dipinto. In queste opere si manifesta per la prima volta in P una disposizione artistica che non farà che accentuarsi col tempo e comune ad altri contemporanei nel periodo tra le due guerre: una curiosità verso gli stili del passato.

Nel 1925 si decide una nuova rottura e l’inizio del periodo piú complesso, piú tormentato della produzione dell’artista. Dopo l’eleganza epicurea degli anni Venti, la Danza (Londra, Tate Gall.), introduce lo spettatore in un’atmosfera convulsa e isterica, in un clima irreale e onirico che può spiegarsi con l’influsso dei poeti surrealisti e che si scorge nel contempo in alcuni poemi scritti nel 1935 e in un pezzo teatrale del periodo della guerra (Desiderio attrappé par la queue).

Durante questo periodo P sembra partorire delle creature mostruose: deforma i volti, i corpi, produce mutazioni sia scultoree che grafiche: figurazioni ipertrofiche (Bagnante seduta, 1929: New York, moma), o disarticolate dove è evidente il processo metamorfico (Donna in poltrona, 1929: Parigi, Museo P), e nelle quali la simbologia sessuale è molto forte (Figure lungo la riva del mare, 1931: ivi).

In questo periodo cominciano i suoi studi; nel 1927 conosce la giovane Marie Thérèse Walter che nel 1934 gli darà la figlia Maya; Marie Thérèse bionda e voluttuosa e Dora Maar (Markovic) bruna e malinconica entrano nella sua vita, parallelamente a Olga. Saranno le sue muse durante gli anni Trenta, anni nei quali, chiusasi la parentesi surrealista e l’idillio con il Pof, P avverte la necessità di una svolta. Grande nudo in poltrona rossa, Donna sulla poltrona rossa, sono opere dolenti nelle quali il corpo della donna, monumentale e ieratico tende al grottesco. Braccia tentacolari, seni avvolgenti insistono sulla grande metafora ossessiva della Donna, pian piano però, la ricerca si affina e il corpo diviene piú sottile e morbido e le figure antropomorfe si geometrizzano semplificandosi (Donna che getta una pietra, 1931).

Dal 1930 al 1934 è nella scultura che P esprime la piú alta vitalità creativa: busti e nudi femminili che si ispirano talvolta a Matisse (Donna che dorme, 1932), animali e piccoli personaggi surreali (Uomo con un mazzolino, 1934) e soprattutto, le costruzioni metalliche, oscillanti tra l’astrazione e il riferimento reale, realizzate con materiali di riuso che eseguì con l’aiuto dello scultore spagnolo Julio Gonzalez (Costruzione, 1931). Accanto a queste forme strane e puntute, si affianca l’impegno grafico dell’artista; P illustra le Metamorfosi di Ovidio (1930) e la Lisistrata di Aristofane (1934), opere che manifestano il permanere di richiami classici.

Dopo il soggiorno in Spagna nel 1933 e 1934 il tema della tauromachia costituisce un fondamentale richiamo letterario nell’opera di P; il Minotauro, torna con insistenza nella serie di incisioni eseguite nel 1935 (Minotauromachia). È ancora il tema centrale poi di Guernica, celeberrima opera che P esegue qualche settimana dopo il bombardamento dell’aviazione tedesca della piccola città basca, e che demarca l’inizio del suo attivismo politico (Madrid, Prado, Casón). L’angoscia di P davanti alla barbarie che minaccia l’Europa, il suo orrore della guerra e del fascismo, non è espresso didascalicamente, ma si trasfigura nelle tonalità angosciose e funebri (Pesca di notte ad Antibes, 1939: New York, moma), nell’intensità amara e sarcastica che traspare nei ritratti dei bambini di questo periodo (Maya e la sua bambola, 1938: Parigi, Museo P). Ancora una volta è la figura femminile ad essere il mezzo attraverso cui l’artista dà sfogo al suo pessimismo. La misoginia di P deforma la bella Dora, sotto astrusi cappelli il suo volto sembra un ectoplasma rosa (Donna che piange, 1937: Londra, coll. priv.; Donna acconciata con un cappello a forma di pesce).

L’occupazione tedesca, P è a Parigi dal 1940 al 1944, non distoglie l’artista dal suo lavoro: ritratti, sculture (Uomo con montone), nature morte fameliche evocano con tragica espressività gli orrori dell’epoca (Natura morta con cranio di bue, 1942: Düsseldorf, knw). Le opere tragiche terminano con Il carnaio (1944-45: New York, moma), e in questi anni P rende pubblica la sua adesione (1944) al partito comunista, anche se non sembra particolarmente convinto del programma figurativo che il partito si aspetta da lui (Massacro in Corea, 1951); ma la testimonianza piú importante del suo impegno è rappresentata dalla Colomba simbolo del Congresso Mondiale per la Pace (Parigi 1949).

Dopo la guerra, P ormai famoso lancia una nuova sfida. I suoi ultimi anni saranno spesi a rielaborare rileggendo con il suo personale e autonomo codice le grandi opere degli artisti del passato, rivisitando l’opera di Manet, Cézanne, Poussin, Velázquez, El Greco. Si sposa con Françoise Gilot, madre di Claude e Paloma e vive nel mezzogiorno prima a Vallauris, poi a Cannes, a Vauvernagues e definitivamente a Mugins. Dipinge opere «mediterranee», quadri familiari (La gioia di vivere: Antibes, Museo P), e sperimenta nuove tecniche; esegue numerose incisioni e litografie (circa 200 grandi formati tra il novembre 1945 e l’aprile 1949), oltre a un cospicuo numero di affiches, xilografie e ceramiche, interessato alla manualità del mestiere artistico, nell’autunno del 1947, lavora a Vallauris per la fabbrica «Madoura» realizzando piatti, scodelle, brocche. Realizza sculture importanti, La capra (1950: Parigi, Museo P); La scimmia col piccolo (1951).

Nel 1953 si separa da Françoise e cade in una crisi morale che gli ispira una serie di disegni sulla vecchiaia. A 75 anni incontra Jacqueline Roque, che sposerà nel 1958, che riaccende la sua ispirazione. La produzione dell’ultimo quindicennio è segnata dalla riflessione sul passato: la serie di rielaborazioni sul soggetto di Las meninas (1957: Barcellona, Museo P) per esempio. Alla metà degli anni Sessanta allenta la riflessione sul passato (a parte gli ultimi autoritratti in cui il suo volto è coperto dalle maschere ispirate dagli artisti piú amati) per rappresentare spadaccini, toreri, moschettieri. Poi il suo universo si rivolge su se stesso, si esamina, si studia: ha compiuto nel 1961 ottanta anni. La tavolozza cambia registro acquisendo delle tonalità inedite, nostalgiche. Colori brillanti che possono diventare in un attimo cupi scintillii che si smorzano.

Tra le sue ultime opere il Vecchio seduto (1970) e Personaggio con uccello (1973). La città di Barcellona grazie a una cospicua donazione di opere da parte dell’artista nel 1970, ha potuto aprire il Museo P; a Parigi il museo dedicato all’artista è stato inaugurato nel 1985 e conserva un insieme di dipinti (piú di 200), sculture (158), papier collés, disegni, stampe e documenti, oltre che la collezione personale di P.