5/14/2020

Transavanguardia

Quando, sul finire degli anni ’70, l’arte occidentale avvertì la necessità di ritrovarsi nelle strutture della tradizione, tra l’ironia e il disincanto, si sviluppò una vasta schiera d’autori vincolata ad una determinazione seducente, alla violenta ansia di recuperare l’ordine della pittura di narrazione.

I protagonisti di questo nascente movimento furono Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Nicola De Maria e il primo Mimmo Germanà. Cercano, soprattutto, di riallacciare un rapporto con l’arte italiana degli inizi ‘900, con la metafisica di De Chirico e di Carrà, con De Pisis, Sironi, Scipione ed altri come Tamburi e Viani.

Seguiti con interesse da Achille Bonito Oliva e appoggiati dal mercante Emilio Mazzoli, raggiungono in pochi anni un significativo successo negli ambienti internazionali, dove i territori d’arte cari alla Transavanguardia, movimento compiuto, si delineano perfettamente nel ricongiungimento ad una tradizione italica, ai luoghi tipici della pittura e del suo spazio immaginario, alla libertà di riusare, citare e rendere omaggio alle tracce sensibili dell’eredità artistica italiana.

Vengono recuperati, appunto, i soggetti classici dell’arte, la natura in particolar modo.

Clemente con il suo genere allucinato, grandioso e puerile; Palladino, perduto in una sovrastruttura arcaica e favolistica al tempo stesso; entrambi, allo stesso modo, rappresentanti di uno sguardo che trova nel vuoto e nell’infinito tutto il piacere della propria insufficienza, che può esprimere catarsi solo davanti alle magnifiche sproporzioni del mondo.